Decine e decine di migliaia di persone hanno manifestato il 12 maggio corrente a Roma in favore della famiglia, in piazza San Giovanni in Laterano. Con ordine e pacatezza hanno espresso il loro dissenso sui programmi del Governo, circa il significato della famiglia nella storia individuale e sociale del nostro popolo. Avranno capito la lezione i nostri governanti? Eppure, il messaggio è stato chiaro e lampante. Un messaggio che è venuto dal popolo, da quel popolo che i governanti hanno giurato di difendere e di promuoverne il bene comune. Tant’è, di spergiuri e di fraintendimenti, come anche di buone intenzioni tradite per il bene di parte, è piena la storia. Non fa quindi meraviglia che cose così succedano anche nel nostro tempo, giudicato tempo di libertà e di progresso civile, costruiti sul dispregio di quei valori di moralità e di bene comune, che è legge inviolabile per ogni gruppo sociale che si appoggi su retta ragione e sull’inviolabilità di leggi che la stessa natura umana presume come necessarie per una convivenza pacifica. Si dice che la libertà d’espressione di sentimenti e di convinzioni individuali, comunque intesi, sia il principio supremo nel quale risiede lo stesso concetto di libertà, e niente debba essere imposto dall’esterno alla coscienza dell’uomo. Sia l’uomo, ogni uomo, metro e misura del suo arbitrio. Bella teoria, infame teoria, che conduce alla morte del bene comune. Infatti, se ciò fosse vero, perché dalla nostra Costituzione nella quale trovano fondamento, vero o presunto, tutte queste belle novità, è proibito il ricorso al referendum popolare in materia di tasse e di imposte? Perché non mi è lecito sottrarmi al peso delle tasse, anche quando per somma disavventura le considero esose e ingiuste, al di là delle mie possibilità economiche? Si risponde che con l’incertezza delle tasse e dei tributi, si cancellerebbe la possibilità di servizi certi e convenienti per il bene comune. Certo, tutto ciò è ragionevole. Ma perché, allora, tale principio non può valere per i comportamenti umani che ledono i principi di natura e sconvolgono senza rimedio e con rovina certa il bene della società? Non è forse ipocrisia e malcostume usare pesi e misure variabili e aggiustabili, quando si tratta di un bene o dell’altro, a seconda del malcostume, invocato e difeso, da minoranze pretestuose e pervicaci? Non sottovalutino i politici, Governo compreso, i segni di disapprovazione che la stragrande maggioranza del popolo italiano ha manifestato il giorno 12 maggio 2007 a Roma, in piazza San Giovanni in Laterano, e ricordino che l’arroganza non paga.
La famiglia in piazza
AUTORE:
' mons. Arduino Bertoldo