Caro don Verzini, tra poco vivremo il Natale che, come si sa, è preceduto dal tempo di Avvento. Mi può dire che significato hanno queste settimane che precedono il 25 dicembre?
Caro lettore, la stessa parola Avvento suggerisce cosa sia e perché la Chiesa abbia inserito nel calendario delle celebrazione questo tempo forte. Infatti il latino adventus è la traduzione del greco parousía, che nei culti pagani designava la venuta della divinità in un giorno dell’anno. Negli autori cristiani vediamo comparire questa terminologia a partire dal III-IV secolo, nei territori di Gallia e Spagna, in cui si indicava un periodo di preparazione all’Epifania. Nel corso dei secoli successivi, attraverso uno sviluppo graduale, probabilmente l’Avvento, ritrovandosi in prossimità con il Natale, venne identificato come tempo di preparazione a quest’ultima solennità. L’Avvento porta in sé una duplice valenza: quella di preparazione al Natale, in cui si fa memoriale dell’Incarnazione e quindi della prima venuta del Figlio di Dio; e quella di guidare lo spirito nell’attesa della seconda venuta del Signore, come ci rivela il I Prefazio di Avvento: “Al suo primo avvento nell’umiltà della nostra natura umana egli portò a compimento la promessa antica, e ci aprì la via dell’eterna salvezza. Verrà di nuovo nello splendore della gloria, e ci chiamerà a possedere il regno promesso che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa”.
Quindi, le quattro settimane che ci separano dal Natale non sono solo un ricordo – come non lo è mai nessuna celebrazione – ma una preparazione per il tempo presente con lo sguardo rivolto verso il futuro, verso l’incontro con Dio, tanto che la prima e la seconda venuta, nei testi che ascolteremo in questo tempo, si intrecciano fino a sovrapporsi.
Per la Chiesa inoltre l’Avvento è inizio di un nuovo anno liturgico. Ogni anno liturgico inizia con la I domenica di Avvento e si conclude con la XXXIV settimana del Tempo ordinario. Ecco allora che questo tempo che ci apprestiamo a vivere è importante nella vita di ogni cristiano. Infatti ci si prepara al Natale nell’attesa dell’incontro definitivo con il Figlio di Dio, e si ricomincia un anno in cui vivere tutta l’opera salvifica del Signore attuata nella liturgia. Non resta quindi che augurarsi un buon cammino!