La Curia salva dall’incuria

La chiesa di Santa Maria dei Servi diventa Museo civico-diocesano

Città della Pieve di pomeriggio, quando il sole sta per tramontare, offre uno spettacolo insolito. I raggi dorati, battendo sul mattone rossiccio, donano alla cittadina un aspetto fiabesco. Tutto sembra prendere fuoco. Vampe di luce salgono verso l’alto, proiettando nel cielo il bagliore riflesso. Uno spettacolo della natura, ma anche del genio umano che, attraverso i secoli, ha saputo progettare, erigere, conservare monumenti stupendi, che noi abbiamo il compito di sottrarre all’incuria e all’erosione del tempo. Esempio di questo nobile impegno è senz’altro il nuovo ‘Museo civico-diocesano’, realizzato all’interno della chiesa di Santa Maria dei Servi, edificata alla fine del XIII secolo e completamente trasformata nel Settecento (incamerata dallo Stato nel 1860). Grazie ad un accordo tra Comune e archidiocesi, numerosi dipinti sono stati qui raccolti, restaurati ed esposti al pubblico (la cerimonia di riapertura si è svolta sabato 21 marzo). La chiesa dei Serviti si annuncia con una facciata in cotto e un semplice portale in pietra serena. Collegato ad essa, il convento dei Servi di Maria, presso il quale si svolsero ben tre Capitoli generali dell’Ordine e dal quale sorsero insigni figure di ecclesiastici: tramite i quali il giovane Pietro Vannucci poté recarsi a Firenze e farsi dotto nell’arte. Accanto al convento, l’antico Hospitale, tanto caro al beato Giacomo Villa. Dopo decenni di incuria e saltuari lavori di restauro, la chiesa ha ritrovato la sua dignità di spazio sacro alla fede e all’arte. Non si fa in tempo ad entrare che si rimane estasiati. Alla semplicità del portale si contrappone una solenne, candida aula barocca, ricca di stucchi, colonne, lesene e fregi che convergono verso l’altare sul quale troneggia un’umile Pietà in terracotta policroma, incastonata in una nicchia interamente ricoperta di foglia d’oro, e vegliata da due agili statue di gesso riproducesti il beato Giacomo e il beato Matteo, entrambi Serviti. Su gli altari laterali, immortalati da Niccolò Circignani detto il Pomarancio e da Salvio Savini, alzano lo sguardo al cielo i santi dell’ordine: i sette Fondatori, Filippo Benizi, Giuliana Falconieri. Da dietro le colonne monocrome fanno capolino, ogni tanto, affreschi trecenteschi. Nella controfacciata, visibile a tratti, la Deposizione che il Perugino affrescò, ormai vecchio, nel 1517. Ma non è tutto: attraverso una scala interna (e anche un ascensore) si scende nella cripta, conservata nell’originario stile gotico a mattoni rossi. In una sala grande quasi metà della soprastante chiesa, è stato ricavato uno spazio espositivo ben attrezzato. Una decina di tele, opere per lo più di Cesare Nebbia, Niccolò Circignani e Salvio Savini, provenienti dalla concattedrale, dal santuario della Madonna di Fatima e dalla chiesa di Salci, completano il Museo e ricordano ai visitatori la ricca storia di Castel della Pieve, sede vescovile per quattrocento anni, fiorente centro culturale e commerciale del comprensorio del Trasimeno.

AUTORE: Amilcare Conti