Domenica 7 ottobre il Santo Padre, aprendo in piazza San Pietro la tredicesima assemblea del Sinodo dei vescovi, che tratta il tema della nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede, all’omelia ha ricordato che “la Chiesa esiste per evangelizzare”. Affermazione quanto mai necessaria oggi, tempo in cui si fa un gran parlare di Chiesa, generando molta confusione nell’uso stesso della parola. Si parla di Chiesa con riferimenti vari: chi intende la gerarchia, chi le istituzioni cattoliche, chi le varie iniziative promosse da enti ecclesiastici, chi addirittura lo Stato del Vaticano. Molti si chiedono se nel contesto attuale, segnato dalla modernità, dalle conquiste scientifiche, dal prevalere delle correnti del pensiero debole, vi sia ancora spazio per la Chiesa e per i cristiani. La fede è ricacciata nel privato, mal tollerata se pretende di manifestarsi esteriormente e di avere uno spazio pubblico. Il Papa, volendo ristabilire l’identità della Chiesa, ne ha rimarcato con forza la missione pubblica. Già nel documento preparatorio del Sinodo, l’Instrumentum laboris, al n. 41 si afferma: “Il mandato missionario che la Chiesa ha ricevuto dal Signore risorto (cf. Mc 16,15) ha assunto nel tempo forme e modalità sempre nuove a seconda dei luoghi, delle situazioni e dei momenti storici. Ai nostri giorni l’annuncio del Vangelo appare molto più complesso che nel passato, ma il compito affidato alla Chiesa resta quello identico dei suoi inizi. Non essendo mutata la missione, è giusto ritenere che possiamo fare nostri anche oggi l’entusiasmo e il coraggio che mossero gli apostoli e i primi discepoli: lo Spirito santo che li spinse ad aprire le porte del Cenacolo, costituendoli evangelizzatori (cf. At 2,1-4), è lo stesso Spirito che guida oggi la Chiesa e la spinge ad un rinnovato annuncio di speranza agli uomini del nostro tempo”. La Chiesa del XXI secolo ha lo stesso compito della Chiesa apostolica: annunciare il Vangelo, la buona notizia di Gesù Cristo, morto e risorto per la salvezza di ogni creatura.
I primi cristiani seppero affrontare ogni difficoltà, perfino la morte, per testimoniare la propria fede. È questo il compito di ogni vescovo, di ogni presbitero, di ogni battezzato e di ogni comunità cristiana. Per adempiere al suo mandato, la Chiesa deve imparare a parlare il linguaggio degli uomini di oggi, saper usare i nuovi strumenti di comunicazione, ma deve conservare l’integrità della dottrina insieme all’entusiasmo e al coraggio dei primi discepoli. Molte comunità cristiane, diocesi e parrocchie, hanno dato vita a percorsi nuovi per l’annuncio del Vangelo, cominciando dall’iniziazione dei fanciulli alla vita cristiana. Questo nuovo metodo, chiamato di ispirazione catecumenale, si riconduce all’itinerario che la Chiesa primitiva imponeva ai catecumeni, ossia agli adulti che chiedevano di essere battezzati e di entrare a far parte della comunità cristiana. Il nuovo programma educativo non prevede più l’ordinamento in classi, che fa pensare alla scuola, inducendo a credere che dopo averne frequentato un certo numero si è pronti per ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana e che dopo averli ricevuti non è più indispensabile partecipare all’appuntamento domenicale con il Risorto e con la comunità. Si formeranno invece gruppi di bambini, accompagnati da varie figure di animatori, in cui saranno presenti anche i genitori, che sosterranno i figli nel cammino. Con questo metodo si cercherà di condurre i fanciulli a fare esperienza di comunità e a riconoscersi in essa. I vari gruppi, che si costituiranno con i criteri più opportuni, saranno piccole cellule di Chiesa, che attraverso idonee esperienze e acquisizione di necessarie conoscenze evangeliche, condurranno a vivere nella grande comunità parrocchiale. I tempi nuovi impongono necessarie strategie nuove: che non manchi il coraggio e l’entusiasmo per provare.