Accingendoci a relazionare, pur brevemente, sulla Festa del beato don Pietro Bonilli, sentiamo la difficoltà di perderci in cronache in apparenza scontate, nel ripetersi di un rituale più o meno sempre identico, senza reale incisività. Questo invece non è, poiché ogni anno l’appuntamento del 24 e 25 aprile (Festa del Beato e Festa della famiglia) si veste di assoluta novità, proprio in rapporto alle vicende del tempo. Quest’anno, la coincidenza è stata quella della VII Congregazione generale del Sinodo diocesano (20-21 aprile), di cui abbiamo già parlato nel numero precedente de La Voce. Un fortissimo richiamo alla Chiesa come famiglia, nella quale ognuno è al servizio del fratello (documento sulla Ministerialità) e in cui la vita va continuamente rinnovandosi nello stile evangelico delle Beatitudini, che la catechesi non si stanca di riproporre con accenti sempre nuovi ad ogni categoria di fedeli: povertà, sofferenza, misericordia, giustizia, purificazione (documento sulla Catechesi). Ci diceva, nella riunione del 7 aprile, la prof.ssa Macchietti, dell’Università Lateranense, che parlava a famiglie di scuola Materna: “Educate i bambini a sentirsi in famiglia e quindi costantemente al servizio, magari apparecchiando la tavola della scuola, perché è la mensa che ci fa famiglia e servire è un onore. Famiglia dunque anche la scuola, anche la città, famiglia l’umanità intera, riflesso della stessa Trinità. Anche un extracomunitario è mio familiare, ed ugualmente i poveri, gli afflitti, quanti sono artigliati dalla miseria o dall’handicap, o soffrono ingiustizia: pensiamo alle cieche e sordomute del Bonilli, al suo primo orfano il Plini, alla sua ansia per le missioni e i continenti lontani. Una famiglia grande come il mondo, dove la diversità è ricchezza e la divisione è il peccato più grande. Questo l’insegnamento del nostro arcivescovo mons. Riccardo Fontana, che ha presieduto la Concelebrazione del 25 aprile nella Giornata della famiglia, con l’intervento di gruppi familiari, anche extra-regionali, come da Norma, Benevento, Pietrasanta, Chianciano, Pozzuolo, i quali hanno voluto compiere l’ultimo tratto a piedi, venendo dalla Madonna della Stella, in pellegrinaggio foltissimo e orante, simbolo di quel nostro cammino verso la Gerusalemme celeste, ove finalmente “asciugata ogni lacrima i nostri occhi vedranno il suo volto e ci ritroveremo insieme a godere della sua gloria”. Ed è stata anche l’omelia dell’arcivescovo mons. Giovanni Coppa, arcivescovo titolare di Serta, il quale si è congratulato con la comunità delle suore della Sacra Famiglia e con l’intero popolo di Dio nella solenne Concelebrazione eucaristica la sera della festa, 24 aprile, in un’atmosfera tutta vibrante nel ricordo di Nazareth. E ci ha invitato a restare concordi attorno al Bonilli, raccogliendone la fede e l’esempio, con il massimo impegno soprattutto a favore dei poveri e degli emarginati. Eravamo nella Chiesa parrocchiale di Cannaiola, dove sono oggi le spoglie del Beato, l’edificio che egli al suo arrivo di parroco nel 1863, trovò vecchio e pericolante e per il cui restauro tanto si adoperò, lavorando addirittura come manovale. Ed eccoci ora qui, accolti in festa dal coro, in questa magnifica chiesa completamente rinnovata, simbolo e strumento dell’edificio spirituale di cui parla san Pietro nella sua prima Lettera: stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, una volta “non popolo”, oggi popolo di Dio, esclusi un tempo dalla misericordia, oggi famiglia sua nell’unità e nella pace. Torna alla mente il ricordo di quegli anni lontani quando, come scriveva il Priore di Trevi del tempo, “se a sera si cercava qualcuno, tanto valeva recarsi subito in chiesa perché là erano tutti, col loro parroco, a concludere la giornata con Gesù, Maria e Giuseppe. Davvero un ottimo papà il Bonilli, e che richiamo per i padri di oggi che sembrano abdicare all’educazione dei figli, con deleghe troppo sbrigative ai nonni, pur così bravi. Mons. Fontana ha voluto ricordare in modo particolare anche la Terra Santa, specie Betlemme e Gerusalemme, negli attuali frangenti. E’ nostra famiglia quella, perché non può esserci barriera alla famiglia di Dio, né di razza né di cultura o religione. Uscire dal chiuso, allargare il cuore a tutte le sofferenze del mondo. Il 24 aprile, si levavano nella Chiesa i gonfaloni di tre comuni: Spoleto, la città che offre quest’anno l’olio per la lampada del Bonilli, Trevi, nel cui territorio è Cannaiola, Montefalco, il Comune della Madonna della Stella che il Bonilli sentì in ogni momento come la sua Lourdes. Al centro dunque il Comune di Spoleto, con il vicesindaco Castellana, il quale ha avuto il compito dell’accensione della Lampada. Al suo fianco, l’arcivescovo mons. Coppa: il mondo civile e il mondo religioso, di fronte all’unico altare per l’unica Lampada: la città dell’uomo e la città di Dio, nel segno dell’unica Nazareth.
La Chiesa come famiglia Ognuno al servizio del fratello
Il 24 e 25 aprile si è celebrata la festa del beato Bonilli e della famiglia
AUTORE:
Agostino Rossi