Attesa, attenzione, vigilanza: sono i termini tipici del vocabolario dell’Avvento, sono le parole chiave del lessico di una sentinella. Nel linguaggio biblico la realtà della sentinella contribuisce a definire il nostro status di pellegrini ogni giorno, di forestieri in ogni luogo, di nomadi che ogni mattina levano la tenda e ogni sera la ripiantano, finché ci sarà data una casa stabile, una dimora per sempre. Quella della sentinella è un’immagine evocata da Benedetto XVI nel discorso rivolto ai partecipanti all’incontro promosso dalla Caritas italiana in occasione del 40° anniversario di fondazione. “Le Caritas – ha osservato il Pontefice – devono essere come sentinelle, capaci di accorgersi e di far accorgere, di anticipare e di prevenire, di sostenere e di proporre vie di soluzione nel solco sicuro del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa”. La Caritas, facendo sempre emergere la sua prevalente funzione pedagogica, che ha educato alla gratuità diverse generazioni di giovani e decine di migliaia di obiettori, “ha sperimentato e attuato un metodo di lavoro basato su tre attenzioni tra loro correlate e sinergiche: ascoltare, osservare, discernere”. Mediante la pedagogia dei gesti, dei segni, la Caritas si propone di aiutare i più poveri a crescere nella loro dignità, le comunità cristiane a camminare nella sequela di Cristo, la società civile ad assumersi coscientemente i propri obblighi. A tale riguardo Benedetto XVI ha tenuto a precisare che l’umile e concreto servizio che la Chiesa offre tramite la Caritas “non vuole sostituire né, tantomeno, assopire la coscienza collettiva e civile. Le si affianca con spirito di sincera collaborazione, nella dovuta autonomia e nella piena coscienza della sussidiarietà”. A margine di questa sottolineatura il Papa ha ricordato quanto insegna il Decreto conciliare sull’apostolato dei laici, e cioè che non si può offrire “come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia”. In sostanza, non si può “appaltare” alla carità ciò che spetta alla giustizia, poiché con un atto di carità si può espiare un’ingiustizia ma non si può sostituire la giustizia. Richiamando la sua enciclica Deus caritas est, Benedetto XVI ha rilevato che “la carità richiede apertura della mente, sguardo ampio, intuizione e previsione, un cuore che vede”. La carità ha bisogno di uno sguardo che non si arresta di fronte alle necessità materiali e che sa perfino interpretare dentro questi bisogni i desideri più profondi. È allo sguardo che spetta il primo passo della carità: è lo sguardo che mette in moto il cuore, è lo sguardo che illumina la mente, è lo sguardo che invita le mani ad aprirsi, a non tirarsi indietro. L’abbraccio dello sguardo è, dunque, l’opera-segno per eccellenza della carità. Quello della carità è uno sguardo disarmante, penetrante, lungimirante, che copre non solo tutti i turni di veglia della notte, ma anche quelli dell’intera giornata! La Caritas italiana ha educato le Caritas diocesane a scoprire la loro vocazione di sentinelle, vigilando al confine dei bisogni e delle attese dell’uomo, sia di giorno che di notte. E tutto è avvenuto in silenzio, come in silenzio spunta il seme dalla terra. Lo stupore per l’abbondante raccolto è grande, anche perché invece di costruire granai si è sempre pensato alla semina! La meraviglia, piena di gratitudine, per il 40° anniversario di fondazione della Caritas italiana è terreno fertile per una rinnovata seminagione.