Da un anno, su nomina del sindaco di Torino Chiamparino, una suora fa parte del Consiglio d’amministrazione di una delle fondazioni bancarie più importanti d’Italia: l’Intesa San Paolo. Due lauree e un master in Sociologia del comportamento conseguito a Miami, suor Giuliana Galli preferisce essere ricordata però per aver gestito per oltre 20 anni il volontariato nel Cottolengo, l’istituto torinese che si occupa di assistenza ai bisognosi, inclusi tossicodipendenti e disabili. “Un luogo dove i sentimenti non hanno la maschera” dice. Dal 2001 è responsabile, insieme alla fondatrice, la psicoterapeuta Francesca Vallarino Gancia, dell’associazione Mamre onlus. Il centro Mamre ha sede a Torino e si occupa di immigrati e del loro disagio psicologico. Soprattutto di donne e bambini, le persone più deboli. “Il nostro obiettivo – dice – è far sì che queste persone diano voce alle loro paure, alla fatica, alla solitudine e allo smarrimento che provano in questa terra straniera”. Suor Giuliana è stata invitata a palazzo Donini ad un incontro promosso da Umbria Libri. Il tema è stato l’accoglienza. A parlarne insieme a lei la presidente della Giunta regionale Maria Rita Lorenzetti, che l’ha definita “una delle tante maestre del nostro tempo”, e il giornalista Rai Giuliano Giubilei. Cosa significa accogliere una persona straniera? Suor Giuliana entra subito nel concreto: “Non basta dar loro del pane, dei vestiti, un lavoro. A volte si dà anche quello. Chi viene da noi, però, ha bisogno di qualcosa di più, e anche un semplice bicchier d’acqua può servire da pretesto per l’avvicinamento”. E poi si domanda: perché parlare di accoglienza, perché se ne parla così tanto? “Perché c’è bisogno”, e spiega che quando si accoglie bisogna tenere presente cinque punti: “Chi” dobbiamo accogliere, “come, quando, dove e perché”. “È indubbio che ogni straniero porta con sé delle differenze, stili di umanità diversi. Ma spesso si tratta solo di differenze di facciata. Chi viene da noi – prosegue – spesso pone una domanda di dolore profondo, che non è dolore fisico ma un fardello che si porta dentro nel cuore”. Ed è da qui che dovrebbe partire il primo contatto, spiega. “Chi sbarca sulle nostre sponde, è perché è alla ricerca di una sopravvivenza dignitosa, con aspettative molto grandi che lo hanno costretto ad abbandonare famiglia, paese e tutto quello che ‘è’, per venire in un posto dove non è conosciuto se non come straniero”. E poi c’è chi, soprattutto donne, donne giovani che pensano, “arrivate in Italia, di trovare un modo nuovo di essere, mentre ricascano nel cliché della donna assoggettata all’uomo. Ed è una tragedia per alcune di loro. Allora è importante il lavoro con le scuole, ed è da lì che si percepiscono le famiglie, per arrivare a un contatto. Poi, con l’aiuto dei mediatori familiari, si arriva al confronto con le altre culture”. La legge sulla sicurezza vi danneggia?, chiede Giubilei. “No, risponde -, quello che ci danneggia di più è quel soffiare sul fuoco della sicurezza, fuoco alimentato anche dai giornali, per far crescere la paura”. Poi passa alla polemica sul crocifisso nelle aule, che definisce “brutta, pericolosa e bugiarda”, fatta “da una politica retriva, brutta e bugiarda che strumentalizza il crocifisso per accaparrarsi voti”. Gesù direbbe: “Dovete tenere il crocifisso là e fare fuori tutto il resto!”. La presidente Lorenzetti ha poi ricordato l’alto numero di stranieri presenti nel nostro territorio, uno dei più alti (9,5%). “Questo – ha sottolineato – a conferma che in Umbria trovano un ‘di più’ di cultura dell’accoglienza”. Ma ammette che la Regione deve fare di meglio, “perché ha una responsabilità in più: quella di essere la terra di san Francesco, terra di sante e santi dove Giovanni Paolo II ha incontrato i leader di tutte le religioni”. “Purtroppo – prosegue – ancora il centrosinistra non ce la fa a ragionare in termini giusti che sono quelli di suor Giuliana. Non siamo ancora riusciti a parlare alla parte più profonda della popolazione. È molto più semplice parlare da imprenditori della sicurezza. Perché la paura dell’altro ancora c’è, non è risolta. La risolviamo con una serie di servizi di accoglienza, di integrazione, collaborando con il volontariato”. Ma questo non basta. E allora suor Giuliana propone di puntare sulla polis, con una riflessione democratica sulle cose, puntando sulla responsabilità e sulla dignità umana. La parola forte vicino ad accoglienza è responsabilità, conclude.
La “banca” interiore di suor Giuliana
AUTORE:
Manuela Acito