La Terra Santa è di nuovo in fiamme. Il motivo è sempre l’annosa vicenda dei difficili rapporti tra Israeliani e Palestinesi. Su questo delicato argomento abbiamo sentito il professor Gustavo Reichenbach del Centro Culturale Ebraico di Perugia. “La situazione in Terra Santa è tragica e prima o poi sarà necessario che queste due popolazioni raggiungano un accordo. Israeliani e Palestinesi potrebbero vivere in due Stati autonomi, solo che ci sono elementi da entrambe le parti e anche dai Paesi Arabi circostanti che non vogliono una Palestina democratica e prospera. Per cui si creano queste tensioni che sfociano in quegli atti sanguinosi che sono ormai sotto gli occhi di tutti. Non serve a nulla mandare dei soldi per aiutarli ma è importante creare una situazione di pace. C’era stato un momento di grande speranza in seguito agli accordi di Oslo fra Rabin e Arafat poi si è tornati indietro con l’assassinio di Rabin da parte di un fanatico e di una certa intolleranza verso questi due Stati. L’Europa potrebbe fare qualcosa ma forse non ha mai avuto una politica sua. Quando venne eletto Sharon speravo che potesse riuscire a fare la pace in Terra Santa però questo ancora non è successo”. Sulla delicata questione abbiamo anche sentito il parere di alcuni studenti che frequentano l’Università per Stranieri della nostra città. “La mia opinione è troppo personale – dice un giovane palestinese – perché io sono stato in mezzo a questa storia per diversi anni. La situazione in Medio Oriente è una conseguenza della rigidità e durezza della posizione israeliana di ritirarsi dai territori occupati così come stabilito dagli accordi di Oslo (la pace in cambio della terra). Praticamente loro dovevano ritirarsi entro un certo periodo dalla zona concordata. Purtroppo però passato questo periodo gli Israeliani non hanno rispettato questi obblighi e quindi è successo che i Palestinesi si sono trovati in una situazione disagiata. Questa situazione ha peggiorato anche la situazione economica in Palestina. L’ingresso nelle spianata delle moschee da parte di Sharon (che i musulmani hanno visto come un vero e proprio atto di sfida) ha scatenato la reazione dei religiosi perché per loro quella zona è sacra e loro pretendono di avervi libero accesso perché lì c’è la roccia di Maometto. E’ stato questo uno dei fattori che ha determinato come conseguenza diretta lo sviluppo attuale di questa situazione”. Dello stesso avviso un altro studente un po’ più anziano. “Il prolungarsi di una certa situazione di stallo di non-pace e di non-guerra e il deterioramento della situazione economica hanno aumentato il focolaio della reazione dei palestinesi contro l’occupante israeliano. Le frange estreme del movimento palestinese non vedono in questo tipo di processo di pace una cosa positiva perché non credono nelle garanzie che danno Usa e Israele che appunto dovevano essere garanti di tale processo. Così hanno aumentato le loro azioni contro l’occupante israeliano prima con il lancio di sassi (l’Intifada) poi quando le reazioni israeliane sono state più violente con l’intervento dei carri armati e il bombardamento di luoghi militari e civili causando numerose vittime anche civili si è arrivati all’esasperazione dei palestinesi che ha portato a disperate azioni suicide. Loro non vedono nessuna prospettiva di soluzione per raggiungere la pace se non lo slogan “quello che è stato preso con la forza non potrà essere restituito se non con la forza”. C’è tuttavia una certa preoccupazione che la situazione possa precipitare in un conflitto molto più esteso. “Israele capisce solo il linguaggio della forza e della violenza – dice una giovane signora – e questo ha portato a un irrigidimento da entrambe le parti. Le soluzioni che sono state adottate non erano una via positiva per arrivare a uno stato palestinese che vivesse pacificamente con i suoi confinanti. Non avendo rispettato i loro impegni nell’esecuzione dei piani di pace ciò ha portato alle soluzioni estreme. Il popolo palestinese crede che l’unica soluzione sia quella di cacciare l’occupante con la forza e di conseguenza gli atti dei kamikaze sono una risposta a questa situazione. La paura più grande è che la situazione degeneri in una guerra religiosa che è il peggiore dei mali perché lì non c’è più possibilità di conciliazione e di trovare punti di intesa per un discorso di pace. Israele dal canto suo insiste nel dire che quei territori gli appartengono per motivi storici e soprattutto religiosi e non è assolutamente disposto a fare marcia indietro. E così il processo di pace si arresta e non va più avanti”. Di tutt’altro avviso un altro studente che difende la rigida presa di posizione da parte di Israele. “La firma del 1993 ad Oslo del trattato per i rapporti con l’Olp ad opera di Rabin rappresenta la riduzione al minimo della sicurezza e stabilità dello Stato di Israele per il quale è praticamente impossibile accettare un futuro territoriale Palestinese a forma di tenaglia che sarebbe nociva per la sicurezza dei suoi territori. Infatti la richiesta da parte dell’Olp del territorio per la fondazione e costruzione dello stato palestinese con l’inclusione della Cisgiordania e della striscia di Gaza oltre che pericolosa è anche completamente campata per aria per le tre componenti principali dell’Olp: Hamas, Al Fatah e Hezbollak, tutte di stampo terroristico. A mio parere si tratta di un’ipotesi di Stato fallimentare innanzitutto per la evidente non convivenza fra gli Ebrei e i Palestinesi e poi per il diritto ineliminabile dello stato di Israele alla sua sopravvivenza nella sicurezza e stabilità che non possono certo essere garantite con il terrorismo”. Impressionata dai gravi fatti di sangue di questi giorni l’opinione pubblica occidentale sembra più che mai disorientata. Anche in Umbria, e soprattutto a Perugia, dove l’Università per Stranieri ha, da oltre un secolo, determinato una convivenza di fatto fra etnie e religioni diverse, si vive di riflesso una tensione che da queste colline sembra meno lontana. Tuttavia dalle testimonianze da noi raccolte emerge fra questi uomini “diversi” una univoca volontà di pace. Chissà che da questa terra umbra, tradizionalmente conosciuta nel mondo, come una terra di pace, non possa partire un segnale di distensione che riesca a placare gli animi e a far prevalere la ragione.
Israele: una terra insanguinata
AUTORE:
Lino Rinaldi