Iraq: morte ai cristiani

L’ultimo attacco terroristico ha colpito un convoglio di bus che era diretto all’Università di Mosul

È’ di 4 morti e 171 feriti il bilancio di un attacco terroristico, avvenuto il 2 maggio, ai danni di un convoglio di bus che portava giovani studenti cristiani dal loro villaggio di Qaraqosh all’Università di Mosul (Iraq). A confermare la notizia è l’arcivescovo caldeo di Mosul, mons. Emil Shimoun Nona, dopo che il sito Baghdadhope. blogspot.com aveva riportato il fatto citando il sacerdote Rayan Atto di Erbil. L’ateneo è da anni nel mirino di fondamentalisti islamici che vogliono imporre la conversione agli studenti. Sui muri delle aule sono spesso stati rinvenuti dei volantini con minacce rivolte alle ragazze irachene che vestono all’occidentale e che non indossano il velo. Facile bersaglio. L’attentato, ha detto l’Arcivescovo, “è stato causato da un’esplosione prima e poi da un’autobomba posta lungo la strada, poco prima di entrare in città. La deflagrazione è stata devastante, ha provocato 4 morti e 171 feriti, 17 dei quali versano in gravi condizioni e, per questo, ora sono nell’ospedale di Erbil. Il convoglio attraversava la zona ogni mattina per portare i giovani, di età compresa tra i 18 e i 26 anni, all’Università di Mosul, e forse proprio per questo sono stati un bersaglio facile per gli attentatori. Siamo davanti ad un altro, ennesimo attacco contro i cristiani – ha dichiarato ancora mons. Nona –, la violenza continua senza tregua. Il vuoto di potere che si è creato dopo il voto, l’assenza di un nuovo governo, le diatribe interne ai partiti non fanno altro che creare un terreno adatto alla violenza”. Secondo quanto riporta Baghdadhope.blogspot.com, la popolazione cristiana di Erbil e dei centri vicini si è mobilitata verso l’ospedale per donare sangue ai feriti. Attacco brutale nell’indifferenza. “Un attacco brutale, senza precedenti”, ha riferito all’agenzia Fides il sacerdote redentorista Bashar Warda, di Erbil: “Siamo scioccati, in quanto le vittime non erano soldati o militanti, ma solo studenti che portavano con sé i libri, le penne, i loro sogni di crescere e servire il proprio Paese. I cristiani restano nel mirino, e sono le vittime privilegiate della violenza”. La dinamica dei fatti, secondo padre Warda, “suscita molti punti interrogativi. L’attentato, prima di tutto, è avvenuto su un tratto di strada compreso fra due posti di blocco delle forze di sicurezza. Da cittadino iracheno mi chiedo, e si chiedono tutti: come è possibile? Come svolgono il loro lavoro le forze di sicurezza? I cittadini esigono un’indagine e attendono risposte chiare. A differenza di altri attentati avvenuti in passato – ha sottolineato il sacerdote – quello che ci colpisce maggiormente è il silenzio del Governo e delle autorità. Non vi è stata alcuna condanna pubblica da parte del Governo centrale, nessun comunicato ufficiale, né interventi dei leader politici. Sembra che un attentato di questa portata sia avvenuto nell’indifferenza generale. È inammissibile, e questo genera rabbia nella comunità locale, che si sente indifesa, abbandonata in balìa degli estremisti. Esiste una responsabilità determinante del Governo nel garantire protezione e sicurezza ai cittadini”. Dello stesso parere anche il vicario patriarcale caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni, che ha espresso la sua condanna e deplorazione: “Siamo veramente addolorati per i feriti e per le giovani vittime. Fino ad ora nessuno tra i responsabili delle istituzioni ci ha rivolto una parola di solidarietà e di scuse. Non abbiamo sentito nessun politico, nessuna istituzione, e questo ci procura altro dolore. Veramente non sappiamo che fare davanti a questa violenza. Non è bastata la scorta ad evitare la strage: due macchine, una avanti e una dietro il convoglio dei bus che trasportavano i giovani dal loro villaggio di Qaraqosh all’Università di Mosul. Il vuoto di potere del dopo-elezioni non aiuta la sicurezza. E i tempi si allungheranno con la decisione di ricontare i voti espressi a Baghdad”. Intervenga l’Onu. “Urge un intervento delle Nazioni Unite per proteggere i cristiani in Iraq”. Dopo l’attacco, a chiederlo è mons. George Casmoussa, arcivescovo siro-cattolico di Mosul. “Abbiamo intenzione di chiederlo. Se le autorità civili e militari non ci tutelano, dobbiamo domandare l’aiuto in sede internazionale” ha affermato a Fides. “Le minoranze cristiane sono le vittime più facili da colpire, gli innocenti, che non prendono parte alle lotte e ai conflitti intestini, che non portano armi. Nelle loro difficili condizioni, i cristiani hanno reagito pregando per la sicurezza, per la stabilità dell’Iraq e per la riconciliazione”, è la conclusione di padre Bashar Warda, per il quale “è necessario che leader politici e religiosi cristiani si incontrino e diano una prova di unità, assumendo una posizione comune, forte e unificata, sulle questioni che riguardano la vita e i diritti delle minoranze cristiane in Iraq”.