Al convegno nazionale “Abitanti digitali” la prima giornata si è aperta con una riflessione di mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata e presidente della Commissione episcopale per la cultura e la comunicazione; e con la relazione “Implicazioni sociali, etiche e culturali di un nuovo contesto esistenziale” di mons. Domenico Pompili, sottosegretario Cei. La seconda giornata, dopo la presentazione della ricerca “Identità digitali: la costruzione del sé e delle relazioni tra on-line e off-line” curata da Chiara Giaccardi, è dedicata all’approfondimento dei dati esperienziali e alle nuove prospettive. Nella giornata conclusiva si valuteranno le possibilità di una maggiore “convergenza digitale” per i media ecclesiali. Sul tema del convegno pubblichiamo una nota di Adriano Fabris, docente di filosofia morale all’Università degli Studi di Pisa. Ogni volta che nella storia dell’umanità si sviluppa una determinata tecnologia, emergono metafore significative, che dicono la novità di quest’esperienza e indicano in che modo la si può rendere meno estranea. Non sfugge a questa situazione il mondo di internet. Quella della “rete”, infatti, è essa stessa una metafora. Il mare di internet si “naviga”, e attraversare la realtà virtuale può essere concepito proprio come un’avventura…È giusto allora domandarsi – e non a caso ciò viene fatto nel convegno di Macerata su “Abitanti digitali” – come questo nuovo “ambiente”, queste nuove “comunità”, questi stessi “giardini” possono essere “abitati”. Urge in altre parole approfondire i mutamenti concettuali che le nuove tecnologie comportano, i modi in cui, in relazione ad essi, possiamo comportarci in maniera buona, i riflessi educativi di un tale mutamento di paradigma, le forme concrete in cui cambiano le relazioni interumane e muta la percezione della propria identità. Si tratta di questioni di carattere ontologico, etico, pedagogico, sociologico da cui la nostra realtà quotidiana è ormai profondamente permeata. E sulle quali la Chiesa cattolica da tempo ha concentrato la sua attenzione: come dimostrano gli ultimi due messaggi del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, alcuni documenti redatti già alcuni anni fa dal Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali e, soprattutto, le ultime occasioni di riflessione che l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali ha dedicato alle urgenze della comunicazione online. Fra queste spicca per interesse e partecipazione il convegno svoltosi l’anno passato sul tema “Testimoni digitali”. Com’è noto, la posizione della Chiesa su questi temi è attenta ed equilibrata. È interesse della Chiesa, ancora una volta, “stare dentro il suo tempo” e considerare l’uso delle nuove tecnologie un’opportunità anche sul versante dell’evangelizzazione. Ma non solo per questo il suo sguardo è permeato, potremmo dire, da realismo e ottimismo insieme. C’è un’attenzione forte alle giovani generazioni, quelle dei cosiddetti “nativi digitali”: coloro cioè che ormai non possono concepire la loro vita senza il riferimento a ciò che queste tecnologie offrono. C’è la consapevolezza che anche su questo piano si gioca la “sfida educativa” alla quale la Chiesa italiana ha dedicato gli Orientamenti pastorali del prossimo decennio. Il problema, dunque, non è più quello di considerare la Rete dall’esterno: non è più soltanto, potremmo dire, quello di elaborare un’etica della Rete. È necessario piuttosto offrire modalità giuste e vere di “abitare” questa dimensione, ascoltando anche le esperienze di chi in essa condivide tempo e sentimenti. Bisogna, in altre parole, lavorare per lo sviluppo di un’etica nella Rete. Anche di questo parla il convegno di Macerata. Lo fa con riflessioni di esperti e di pastori. Lo fa cercando di cogliere nei social network nuove occasioni di condivisione, di confronto e di dialogo. Senza dimenticare che, in ogni caso, il criterio dell’eticità non può venire dalla Rete stessa, ma piuttosto s’annuncia in quella proposta di orientamento complessivo che riguarda, in tutti i suoi aspetti, la nostra vita quotidiana.