Mi è dato di iniziare il mio mandato di preside nel momento in cui l’Istituto teologico di Assisi compie quarant’anni. Compleanni come questo non possono passare inosservati e meritano di essere celebrati calorosamente. L’occasione – che per altro è stata significativamente valorizzata mediante l’organizzazione di un convegno di studi sul tema “Lo studio della teologia in Italia” (7 ottobre) – è preziosa sia per tracciare un bilancio sia, allo stesso tempo, per delineare nuove progettualità. Il passato e il futuro della storia di un’istituzione come quella dell’Istituto teologico si incontrano fecondamente nel momento della celebrazione. Non si tratta solo di sfogliare le vecchie foto sbiadite e di accantonare nell’album dei ricordi qualche tiepida lacrima di nostalgia in nome dei vecchi tempi, magari anche con sentimenti d’orgoglio per quanto si è riusciti a realizzare nel tempo. D’altra parte non sarebbe utile a nessuno fantasticare a ruota libera seguendo la traiettoria di sogni sfumati, o anche parzialmente realizzati, abbandonando quel sano senso di compostezza che la “maturità” dei quaranta anni dovrebbe ormai permetterci di apprezzare. Si tratta invece di fare memoria viva, riscoprendo le intuizioni del passato e mettendole efficacemente a frutto per programmare il domani nella prospettiva di una fedeltà autentica e creativa. In questo senso, le radici che affondano nel terreno della storia sono il patrimonio genetico fondamentale da rispettare nel delineare ogni nuova progettualità e sostenerla. Due sono le grandi direttrici sulle quali si è andata configurando la vita dell’Istituto teologico. La prima risale agli anni Settanta, quando, con gesto lungimirante e davvero profetico, due diverse scuole di formazione seminaristica, quella del Seminario regionale “Pio XI”, dove studiavano i futuri preti dell’Umbria, e quella del Franciscanum, che accoglieva i chierici dell’Ordine dei frati minori Conventuali, decisero provvidenzialmente di riunirsi. Con molti anni d’anticipo rispetto ai tempi, nella nostra regione si compiva una trasformazione sostanziale. Anziché mantenere separati percorsi paralleli di studio e formazione, vuoi per un’esigenza organizzativa, vuoi per un bisogno innato di identità, si volle dare il segno concreto di una unità ecclesiale che sostiene le specifiche differenze e rispetta i diversi carismi, senza tuttavia dover rendere necessario l’innalzamento di recinti e steccati. Questo evento, forse sofferto, sicuramente laborioso, si è rivelato nel tempo un gesto di grande sapienza con il quale i Vescovi e i Padri provinciali delle famiglie francescane seppero creare, in perfetta sinergia, un Istituto comune al servizio di tutti, anticipando fra i banchi di scuola quei dinamismi di fraternità, solidarietà, complicità, assistenza, reciprocità che avrebbero poi caratterizzato concretamente la vita degli ex alunni nel tessuto della pratica pastorale del ministero a servizio della Chiesa locale. La seconda radice si fissa invece, a qualche anno di distanza, sul terreno fecondo della Giornata mondiale di preghiera per la pace promossa da Giovanni Paolo II e realizzata proprio venticinque anni or sono nell’ottobre 1986. Fu un evento mirabile, del quale i media dipinsero un’immagine variopinta e molto suggestiva. Al di là dell’immaginario, il Sommo Pontefice seminava nel terreno della teologia nuovi germi per una riflessione sempre più attenta al tema delle religioni, del dialogo e dell’annuncio. Assisi non poteva che fare tesoro di questa intuizione profetica, e l’Istituto non poteva non farsene interprete secondo la propria specificità di centro accademico di studi. Fu così inaugurata nel 1993 una specializzazione, vale a dire un percorso di perfezionamento negli studi teologici che segue il curriculum quinquennale ordinario. Il tema prescelto fu proprio quello dell’annuncio e del dialogo. L’Istituto teologico di Assisi diventava così un segno vivente, un’espressione singolare di quel genius loci che ha animato una teologia attenta alle religioni, al post-moderno e alle sempre più fluttuanti esigenze della nuova evangelizzazione. Il cammino di novità, sorretto dalla voce forte dello Spirito e sospinto con ardore dal suo vento gagliardo grazie alla preziosa eredità della Giornata mondiale di preghiera per la pace, ha condotto verso continui aggiustamenti che hanno permesso col tempo di delineare un percorso di studi sul tema religioni-dialogo-annuncio-evangelizzazione sempre più aggiornato e denso. Non poteva però mancare a questa spinta propulsiva una corrispettiva dilatazione sul versante francescano, altrimenti il cammino si sarebbe rivelato incompiuto. Fu così che, dopo alcuni anni dall’inaugurazione del percorso di studi in Teologia fondamentale, nel 2001 fu varata ad Assisi una seconda specializzazione che portava a compimento la profezia di “Assisi 1986”, nel cuore della quale si delineò nettamente il felice connubio fra preghiera, dialogo e francescanesimo. Il Poverello di Assisi e la sua patria spirituale non furono per il Papa solo una scelta di immagine. Non si può neppure pensare che in fondo a questa opzione si celino solo motivi diplomatici o opportunistici. Il Santo di Assisi rappresentava a pieno titolo il percorso umano della conversione a Dio, nella quale e solo nella quale sono possibili quei gesti di umiltà, accoglienza e silenzio che rendono possibile un dialogo sincero. Nell’Istituto teologico, dunque, a partire da quel momento si è andata sviluppando una seconda specializzazione di studio in Teologia e studi francescani, intesa ad approfondire la storia e la teologia francescane con particolare riferimento al luogo e alla ricchezza sterminata di fonti che la città assisana offre e continua generosamente a custodire. Le due radici di unità e dialogo, francescanesimo e storia, fondano il terreno per un futuro dell’Ita da costruire con generosità e coraggio. In questo si coglie il senso della profezia, poiché senza di esse si rischia di far decadere la forza pulsante della realtà assisana. La lontana scelta di dar vita a un unicum ecclesiale nel territorio ha continuato a sorreggere i continui tentativi di apertura e caratterizzazione della vita accademica compiuti e in via di compimento. Oggi nell’Istituto non solo seminaristi e chierici condividono le stesse aule, ma vi è posto per tantissimi laici motivati e preparati. La vita della Chiesa in quanto popolo di Dio si palesa plasticamente e fa risuonare coralmente la sua voce dando luogo a una vivacità di esperienze difficile da trovare altrove. Scelte mirate e lungimiranti nella gestione hanno reso possibile il servizio di molti laici anche nell’insegnamento, mentre i Vescovi e i Provinciali non hanno mai smesso di sostenere fattivamente la vita dell’ente formando persone sempre più esperte e qualificate nei vari ambiti disciplinari. I piani degli studi sono stati elaborati coraggiosamente e aggiornati, con la supervisione delle autorità della facoltà di Teologia della Pontificia università lateranense alla quale l’Istituto è giuridicamente aggregato, in modo da istituire un iter di studi che valorizzasse adeguatamente le ricchezze della filosofia, le scienze bibliche, gli studi umanistici e quelli dogmatici e morali e rispondesse allo stesso tempo alle esigenze della vita della Chiesa in Umbria. D’altra parte, i temi dell’annuncio e del dialogo, delle religioni e della pace, non potevano non fecondare un percorso di studi che si rivela oggi di estrema attualità, grazie allo sviluppo della storia e della teologia delle religioni e a un buon ancoramento nell’analisi del post-moderno. Dal punto di vista francescano, l’intensificarsi degli studi storico-testuali non ha condotto semplicemente nella direzione di un tecnicismo accademico di difficile penetrazione, ma in maniera sempre più chiara ha favorito quella necessaria contestualizzazione del sapere nel luogo, per una spiritualità che prende le mosse dal vissuto e fa di Assisi non solo la sede, ma l’anima della teologia prodotta in loco. Molti passi restano da compiere, ma le linee guida dell’unità ecclesiale – che supera le strettoie di pur legittime espressioni particolari -, del dialogo interreligioso nello “spirito di Assisi” e del francescanesimo attento alla riscoperta dei suoi testi fondativi e della sua storia nella città, sono irrinunciabili punti d’identità che potranno rendere possibili anche a breve termine scelte significative di vita accademica sempre più promettenti per un fecondo servizio alla Chiesa umbra, con carità e competenza. Che cos’è l’Ita? Mi sia consentito di rispondere a questa domanda impegnandomi in prima persona, e dicendo pragmaticamente che si tratta di un centro di studi di profilo accademico. Ma allo stesso tempo mi sia anche permesso di sottolineare caldamente che questa realtà sussiste come una “profezia in atto”, dove l’unità crea lo sfondo per una crescita sapienziale di laici e chierici, per un approfondimento sistematico della storia e della teologia delle religioni, per uno studio serio della spiritualità francescana, di modo che – quasi come un cuore pulsante – questo centro accademico continui a contribuire nel modo che gli è proprio al progresso della vita ecclesiale in tutto il territorio della nostra regione.
In Umbria 40 anni di ricerca teologica
L’Istituto festeggia quattro decenni di vita: le scelte che portarono alla sua costituzione si sono dimostrate vincenti
AUTORE:
Don Romano Piccinelli