Quanto pesa il pubblico nell’economia umbra? Molto, si è sempre detto. Ma ora ci sono anche i numeri a confermarlo, grazie ad uno studio che Confindustria Umbria ha affidato ai ricercatori del dipartimento di Discipline giuridiche e aziendali dell’Università di Perugia, guidati dal professor Gianfranco Cavazzoni, e che è stato presentato a Perugia il 18 febbraio. Tante le cifre, molti gli spunti di riflessione. Ne è emerso che l’economia umbra è fatta in maniera preponderante dal pubblico, al punto che Confindustria parla di “socialismo municipale”. Tuttavia la contrapposizione pubblico-privato è data per superata. “Poiché conduce ad una visione semplificata della realtà – ha spiegato Cavazzoni -, ho scelto un’angolazione economico-aziendale per studiare questa problematica, poiché non ci sono motivazioni di ordine teorico che valgano a giustificare l’assunto che gli organismi economici privati siano sempre più efficienti di quelli pubblici, né che questi ultimi debbano essere necessariamente caratterizzati da sprechi e corruzione”. Pubblico e privato: non c’è “un buono” e “un cattivo”, dunque. All’Umbria, come ad altre regioni italiane, servirebbe piuttosto una miscela migliore, più performante. “Il buon proposito – afferma Cavazzoni – sarebbe quello di compiere un ulteriore passo verso una logica di mercato, realizzando quella liberalizzazione auspicata anche in sede comunitaria. Non v’è dubbio che tale approccio costituisca un imprescindibile fattore di riflessione e innovazione in Umbria, dove il ricorso alla gestione dei servizi attraverso società in house è stata la via preferita”. Servizi, dove il pubblico comandaIl pubblico manifesta la sua forza nel settore della sanità (Asl e ospedali), dei trasporti (aeroporto di Sant’Egidio, Minimetrò, Sipa, Fcu), dell’igiene urbana (Gesenu, Sogepu), della gestione del servizio idrico (Sii) e nel settore multiservizi (quest’ultimo si compone di due gruppi societari, le cui rispettive holding sono l’Asm – Azienda speciale multiservizi Terni spa, e Valle umbra servizi spa, con sede a Spoleto). Quanto alla compagine societaria delle aziende dei servizi pubblici si è riscontrata la percentuale media dell’87,7 per cento nella partecipazione pubblica al capitale. La ricerca dell’Università di Perugia ha considerato l’attività svolta dal 2000 al 2007: in questo periodo, la spesa generata in Umbria dal settore pubblico allargato si è incrementata in termini reali del 18,2 per cento, percentuale inferiore a quella nazionale (pari al 23,3 per cento); tale aumento è attribuibile – in media – del 68 per cento al livello statale e per il restante 32 per cento, equamente ripartito, al livello regionale e sub-regionale. Più ricchezza, ma più speseConsiderando il Pil regionale, ossia la ricchezza prodotta, dal 2000 al 2007 si è registrato un +7,8 per cento in termini reali, superiore del 18,2 per cento rispetto all’aumento nazionale, pari al 6,6 per cento. E, in Umbria, l’incidenza della spesa pubblica sul Pil regionale si è attestata su una media del 67 per cento, superiore di 5 punti a quella nazionale. In media, circa i due terzi della ricchezza generata dal sistema economico umbro è di matrice pubblica (sia come provenienza, sia come gestione) e tale percentuale è andata aumentando. Alessandro Fontana, del Centro studi Confindustria, intervenendo alla presentazione della ricerca, ha messo in evidenza i molti rischi connessi all’ampliamento del settore pubblico nelle economie locali, affermando che “la progressiva costituzione di un numero sempre maggiore di società di diritto privato partecipate o controllate dagli enti territoriali aumenta i problemi di natura finanziaria e di efficienza”.
In regime di socialismo municipale
Presentato uno studio che Confindustria Umbria ha affidato ai ricercatori del dipartimento di Discipline giuridiche e aziendali dell’Università di Perugia
AUTORE:
Paolo Giovannelli