Il Papa, all’udienza generale di mercoledì, ha continuato la catechesi sull’Anno della fede invitando a “riscoprire quanta gioia c’è nel credere” e a “ritrovare l’entusiasmo di comunicare a tutti le verità della fede. Queste verità – ha detto – non sono un semplice messaggio su Dio, una particolare informazione su di Lui. Esprimono invece l’evento dell’incontro di Dio con gli uomini, incontro salvifico e liberante, che realizza le aspirazioni più profonde dell’uomo, i suoi aneliti di pace, di fraternità, di amore. La fede porta a scoprire che l’incontro con Dio valorizza, perfeziona ed eleva quanto di vero, di buono e di bello c’è nell’uomo. Accade così che, mentre Dio si rivela e si lascia conoscere, l’uomo viene a sapere chi è Dio e, conoscendolo, scopre se stesso, la propria origine, il proprio destino, la grandezza e dignità della vita umana”.
Benedetto XVI si è quindi soffermato “sulla ragionevolezza della fede in Dio. La tradizione cattolica ha sin dall’inizio rigettato il cosiddetto fideismo, che è la volontà di credere contro la ragione. Credo quia absurdum (credo perché è assurdo) non è formula che interpreti la fede cattolica. Dio, infatti, non è assurdo, semmai è Mistero. Il Mistero, a sua volta, non è irrazionale, ma sovrabbondanza di senso, di significato, di verità. Se, guardando al Mistero, la ragione vede buio, non è perché nel Mistero non ci sia luce, ma piuttosto perché ce n’è troppa”.
Perciò, ha sottolineato il Papa, “è falso il pregiudizio di certi pensatori moderni secondo i quali la ragione umana verrebbe come bloccata dai dogmi della fede. È vero esattamente il contrario, come i grandi maestri della tradizione cattolica hanno dimostrato. Intelletto e fede dinanzi alla divina Rivelazione non sono estranei o antagonisti, ma sono ambedue condizioni per comprenderne il senso, per recepirne il messaggio autentico, accostandosi alla soglia del Mistero”.
Ha quindi ribadito che la fede cattolica è “ragionevole e nutre fiducia anche nella ragione umana”. Un’idea che “è facilmente riconoscibile in tutto il Nuovo Testamento. San Paolo, scrivendo ai cristiani di Corinto, sostiene:‘Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani’ (1Cor 1,22-23). Dio, infatti, ha salvato il mondo non con un atto di potenza, ma mediante l’umiliazione del suo Figlio unigenito. Secondo i parametri umani, l’insolita modalità attuata da Dio stride con le esigenze della sapienza greca. Eppure, la croce di Cristo ha una sua ragione, che san Paolo chiama: ho logos tou staurou, la parola della croce (1Cor 1,18). Qui il termine logos indica tanto la parola quanto la ragione e, se allude alla parola, è perché esprime verbalmente ciò che la ragione elabora. Dunque, Paolo vede nella croce non un avvenimento irrazionale, ma un fatto salvifico che possiede una propria ragionevolezza riconoscibile alla luce della fede”.
“Su queste premesse – ha sottolineato ancora – si fonda anche il rapporto virtuoso fra scienza e fede. La ricerca scientifica porta alla conoscenza di verità sempre nuove sull’uomo e sul cosmo, lo vediamo. Il vero bene dell’umanità, accessibile nella fede, apre l’orizzonte nel quale si deve muovere il suo cammino di scoperta. Vanno pertanto incoraggiate, ad esempio, le ricerche poste a servizio della vita e miranti a debellare le malattie. Importanti sono anche le indagini volte a scoprire i segreti del nostro pianeta e dell’universo, nella consapevolezza che l’uomo è al vertice della creazione non per sfruttarla insensatamente, ma per custodirla e renderla abitabile”.
“Così la fede, vissuta realmente, non entra in conflitto con la scienza, piuttosto coopera con essa, offrendo criteri basilari perché promuova il bene di tutti, chiedendole di rinunciare solo a quei tentativi che, opponendosi al progetto originario di Dio, possono produrre effetti che si ritorcono contro l’uomo stesso”.
“Anche per questo è ragionevole credere – ne ha concluso -: se la scienza è una preziosa alleata della fede per la comprensione del disegno di Dio nell’universo, la fede permette al progresso scientifico di realizzarsi sempre per il bene e per la verità dell’uomo, restando fedele a questo stesso disegno”.
Fede e ragione nei grandi autori
“Sant’Agostino – ha ricordato Benedetto XVI durante la catechesi -, insieme a tanti altri autori cristiani, è testimone di una fede che si esercita con la ragione, che pensa e invita a pensare. Su questa scia, sant’Anselmo dirà nel suo Proslogion che la fede cattolica è fides quaerens intellectum, dove il cercare l’intelligenza è atto interiore al credere. Sarà soprattutto san Tommaso d’Aquino – forte di questa solida tradizione – a confrontarsi con la ragione dei filosofi, mostrando quanta nuova feconda vitalità razionale deriva al pensiero umano dall’innesto dei principi e delle verità della fede cristiana”.