È passato pochi giorni fa il 70° anniversario dell’8 settembre 1943, il giorno dell’armistizio, quando si credette di poter festeggiare la fine di una guerra (sia pure una guerra perduta) e invece bastò un attimo perché cominciasse una nuova guerra, peggiore. Sulla storia di quei giorni sono stati scritti libri a dozzine. Leggerli ora è angosciante. Si rimane sgomenti non solo per la tragicità degli eventi, ma per la pochezza, la cialtroneria dei potenti dell’epoca. Superficialità, imprevidenza, improvvisazione, vigliaccheria. Scelte dettate da ambizioni meschine, rivalità e ripicche personali. Nel mese di agosto, due diverse fazioni in seno all’Alto Comando inviarono a trattare in segreto con gli angloamericani due generali diversi (Castellano e Zanussi) senza che l’uno sapesse dell’altro, e quando lo seppero non si parlarono fra loro; così informazioni preziose si perdettero per strada, e intanto gli angloamericani si erano fatti – al solito – una pessima opinione degli italiani, incapaci di comportarsi seriamente anche in circostanze del genere. Poi il Re e Badoglio che abbandonarono Roma da un’ora all’altra senza avvertire neppure i ministri del Governo e senza lasciare ordini. Eccetera. Ma questa è storia passata, ormai. Perché, però, dico che è angosciante rileggere quelle storie? Perché in controluce ci si rivede (io, almeno, ci rivedo) l’Italia di oggi. Già, perché dovremmo essere migliori degli italiani di settant’anni fa? Semmai siamo peggiori, generalmente parlando. In politica ci sono tante brave persone, ma non sanno coordinarsi, collaborare a un progetto comune; e poi sono una minoranza, perché sono di più (o almeno si vedono e si sentono di più) quelli per i quali la politica è solo il mezzo per fare carriera e fare soldi, e pazienza se per farlo si devono truccare i conti pubblici, fare affari sporchi, approfittare del potere per interessi privati non confessabili (ma a volte anche protervamente sbandierati come se si trattasse di sacrosanti diritti). Anche gli onesti, che ci sono, perdono il loro tempo a discutere di questioni irrilevanti, che si potrebbero decidere in un minuto, e non si accorgono dei problemi enormi che stanno per esplodere. Sì, siamo ancora quelli di 70 anni fa.
In 70 anni nulla è cambiato
AUTORE:
Pier Giorgio Lignani