Immagini di vita e di speranza

l’editoriale

Nonostante tutto, siamo costretti ogni giorno a stare incollati allo schermo televisivo. Scorrono immagini che colpiscono per la loro crudezza e inducono la mente ad andare oltre per farsi un’idea di quello che può essere la realtà vissuta. Mi riferisco alle vicende del Giappone, del Nord Africa e del Mediterraneo. Compaiono anche, qua e là, segnali di vita e di speranza, di una certa gioia e soddisfazione da parte di chi arriva nei barconi, se non altro per essere vivi e aver raggiunto un porto di terra ferma dopo tanto navigare al buio, stipati su uno spazio troppo stretto per tutti. Le più terribili sono descritte con pochi accenni e non visualizzate, di cadaveri galleggianti, anche di bambini, che feriscono l’anima e sono come buchi vuoti di senso per ogni mente pensante. Tutto poi diventa spettacolo che si ripete dando fastidio e noia. La visione superficiale dei fatti, ed i commenti di parte che dividono, non colgono il significato delle cose. Oltre che a guardare con realismo, senza pregiudizi, ciò che accade siamo costretti a farci delle domande, pur non sapendo dare esaurienti risposte. Domande che interpellano, specialmente i governi e le organizzazioni internazionali cuii è affidata la guida dei popoli. Nel nostro tempo, crollate le ideologie che fornivano certezze, poi rivelate infondate, ci si deve interrogare a fondo di nuovo per trovare almeno qualche barlume di speranza. Perché tanta gente si muove e va verso un futuro pieno di incertezze? Perché tanti giovani rischiano la vita, la salute, la prigione, in un’avventura senza garanzie di sorta? Da che parte e verso dove soffia il vento della storia? Le emergenze sono la punta di un movimento più vasto e profondo che coinvolge vaste aree della popolazione mondiale. Il Concilio ha parlato di “segni dei tempi”. Gli eventi storici non sono soltanto fatti, ma anche messaggi. Coglierne il senso è urgente per non lasciarsi dominare dall’impeto della passione. Molti si sono sentiti chiamati personalmente in causa ed hanno deciso di spendersi nelle situazioni di sofferenza e bisogno. Sono presenze quasi invisibili di volontari che si sono immersi nelle innumerevoli tragedie del mondo per portare aiuto e soccorso. Nell’ambiente a noi più vicino troviamo gli abitanti di Lampedusa che meritano comprensione e stima per la difficile e sofferta accoglienza cui sono stati costretti come il Cireneo del Vangelo. Sopra tutti meritano di essere ricordati quei giapponesi che stanno lavorando all’interno della centrale atomica di Fukushima. Di loro ha scritto il vescovo di Sendai, Martin Tetsuo Hiraga: ”Ci sono anche dieci cristiani nel gruppo di uomini coraggiosi che, all’interno della centrale di Fukushima, svolgono un compito delicato e pericoloso nella piena consapevolezza di donare la propria vita per il bene comune” (Osservatore romano, 3 aprile: “I dieci samurai cristiani”). Questi e tanti altri, sono i gesti che abbiamo bisogno di scoprire, pur nel buio delle vicende umane, per non perdere ogni speranza.

AUTORE: Elio Bromuri