Quando nel 1765 Pietro Leopoldo di Lorena giunse a Firenze come granduca di Toscana, aveva 18 anni (!) e doveva rimediare a un secolo di decadenza e di malgoverno. Ma era un ragazzo sveglio, e non solo ci riuscì, ma fece fare alla Toscana un balzo in avanti di cento anni, mettendola ai primi posti in Europa dal punto di vista amministrativo ed economico. Quelli erano tempi felici in cui bastava fare un po’ di buone leggi e governare con onestà e intelligenza per dare una svolta positiva alla storia di un Paese. Oggi il mondo è dominato dalla complessità, nessun problema è semplice e tanto meno lo sono le soluzioni. Ogni scelta sbagliata fatta cinquanta o trenta o dieci anni fa ne ha generate altre, a cascata, a grappolo, e tutte s’intrecciano tra di loro in un groviglio inestricabile. Non solo si pagano duramente gli errori, ma è praticamente impossibile rimettere le cose a posto. Pensiamo alle Acciaierie di Taranto. In genere si dice che, a fronte dell’esigenza di fermare un meccanismo illegale che dissemina malattia e morte, ci sta quella di salvare 11.000 posti di lavoro, ma non è solo questo. Magari 11.000 lavoratori si possono sistemare; è all’acciaio che si produce lì che l’economia italiana non può rinunciare, altrimenti salta definitivamente. Quindi si affrontano due esigenze inconciliabili e nessuna delle due può essere sacrificata. Si dirà: allora mettiamo a norma lo stabilimento. Ma per farlo occorrono anni e anni di lavori, con costi enormi, e nel frattempo la fabbrica deve stare ferma, anche se non ci fosse il sequestro del giudice. I danni della chiusura arrivano comunque; e non si sa nemmeno se alla fine dei lavori (ammesso che ci si arrivi) ci sarà ancora un mercato per quegli acciai. Non si sarebbe a questo punto se gli adeguamenti e gli investimenti fossero stati fatti via via al momento giusto, come nelle grandi fabbriche d’Europa, che producono benissimo e non uccidono. Lo stesso discorso di Taranto vale per tutto il resto: l’energia, la scuola, la giustizia, la società intera. Taranto è la metafora dell’Italia.
Ilva, metafora di tutta l’Italia
AUTORE:
Pier Giorgio Lignani