Il Sud Sudan è nato, ora le sfide sono…

Mondo. Si costituisce un nuovo Stato africano

Il 9 luglio il Sud Sudan è diventato il 54° Stato dell’Africa e il 193° delle Nazioni Unite. La nuova bandiera è stata innalzata e l’inno nazionale cantato per la prima volta dal popolo in festa radunato nella grande spianata di fronte al Mausoleo dell’eroe nazionale John Garang nel cuore della capitale Juba. I colori della bandiera sono un messaggio: il nero ricorda l’africanità del popolo, il più nero in assoluto in tutta l’Africa; Sudan vuol dire appunto: nero scintillante. Comboni chiamerà il Sudan “la perla nera dell’Africa”. Il rosso è il sangue dei martiri: dagli schiavi agli eroi della lotta per l’Indipendenza; 2 milioni di vittime e 4 milioni di rifugiati nelle regioni confinanti, oltre gli innumerevoli mutilati di cinquant’anni di guerra. Il verde, il simbolo della lussureggiante vegetazione di una nazione che si estende per 680.000 kmq. L’azzurro, l’acqua del Nilo con le sue due grandi braccia: il Nilo azzurro che viene dall’Uganda e il Nilo bianco che viene dall’Etiopia e che confluiscono in un unico fiume all’inizio del deserto del Sahara a Khartoum. Il tutto dominato da una grande stella di significato biblico, stella della liberazione e della redenzione, legata al messaggio cristiano con cui la grandissima maggioranza dei sud-sudanesi si identifica. Fede portata dai missionari e missionarie, tra cui giganteggiano Daniele Comboni arrivato vicino a Juba nel 1858, e santa Bakita, schiava liberata, dichiarata santa da Giovanni Paolo II nel 1992. Sfide per la nuova nazione Prima fra tutte la coesione e l’unità interna fra le 60 e più tribù sparse su un territorio due volte l’Italia, ma privo assolutamente di vie di comunicazione. La popolazione è divisa in due grandi gruppi con tradizioni e mentalità profondamente differenti: gli agricoltori come gli Azande e i Bari, poi i pastori come i Dinka e i Nuer. Un notevole contributo all’incontro è stato dato dalla Chiesa cattolica, che ha disseminato negli ultimi 5 anni una buona rete di radio Fm a servizio dell’informazione. La seconda grande sfida è la costruzione delle vie di comunicazione. La terza sfida è la costruzione delle infrastrutture amministrative nel nuovo Stato. Il Sud Sudan è di diviso in 10 grandi province, ma, al di là del nome e dell’incarico formale di 10 governatori, lo Stato non ha alcuno strumento per governare. La quarta sfida è lo sfruttamento e la distribuzione equa delle enormi risorse naturali come il petrolio, l’acqua, l’uranio, legni pregiati, fauna e flora da sogno. Urgenze per la ChiesaCome detto, la storia del Sud Sudan è completamente legata alla presenza dei missionari e missionarie dal 1846. La loro opera fu bruscamente interrotta nel 1963 quando furono espulsi in massa da governo di Khartoum. In tal modo le opere di sviluppo gestite dalla Chiesa, soprattutto l’educazione e la salute, furono azzerate. Ma la presenza della Chiesa non fu distrutta perché restarono milioni di battezzati, oltre che un minimo di sacerdoti, suore e catechisti locali. Paolo VI vi eresse 7 diocesi che mantennero il contatto con il resto del mondo nonostante il clima di persecuzione e il tentativo da parte di Khartoum di arabizzare tutti i sud-sudanesi. Ed ora? Quattro sono le urgenze identificate dai Vescovi e dalle comunità cristiane. La prima fra tutte è la riconciliazione fra i vari gruppi etinici del Sud; le ferite dei lunghi anni di guerra sono immense e il pericolo della logica della vendetta si respira nell’aria. La Chiesa è presente in tutte le tribù, quindi ha un’opportunità unica di fare da cemento e di promuovere la solidarietà. La seconda sfida è l’educazione, riprendendo l’antica tradizione missionaria che aveva seminato una buona rete di scuole, soprattutto primarie. A Juba c’è già una Università cattolica formalmente costituita dai Gesuiti e i Comboniani, ma sono all’inizio, con 325 studenti. C’è urgente bisogno di un minimo di infrastrutture come aule, biblioteche e ostelli per gli studenti. La terza sfida è nel settore della salute: le suore vi hanno svolto un grandissimo ruolo e dal 2006 hanno sviluppato una notevole rete di dispensari e due ospedali con annessi istituti per la formazione degli infermieri; ma si tratta di semi, più che di piante già sviluppate. La quarta sfida è l’informazione sana e positiva a servizio dello sviluppo e del senso di unità nazionale. La rete di radio Fm già menzionata può svolgere un ruolo unico nell’educazione popolare: civica, religiosa e culturale. Infine un forte rilancio dell’educazione cristiana e della diffusione della fede che includa la dottrina sociale della Chiesa per integrare l’aspetto religioso e quello sociale come due mani di un unico corpo.Il nuovo inno nazionale è una preghiera a Dio, alla Madre Terra e agli antenati. Contiene un forte messaggio di religiosità che anima e trasforma il sociale attraverso i valori di pace, riconciliazione, solidarietà e giustizia, al cui servizio la Chiesa è costituita. Dalle lotte del ’55 a oggiIl popolo ebraico impiegò quarant’anni per passare dalla schiavitù dei faraoni alla libertà della Terra promessa: viaggio complesso e tortuoso che ben simboleggia la lotta verso la liberazione delle 60 e più tribù del Sud Sudan. Quando nel 1955 l’Impero britannico decise l’indipendenza del Sudan, i sud-sudanesi chiesero immediatamente l’indipendenza, per non essere uniti al mondo arabo del Nord Sudan. L’Inghilterra ignorò la volontà popolare. La lotta di liberazione iniziò nell’agosto 1955. Con alterne vicende e pause di tregua durò fino al 9 gennaio 2005 quando un piano di pace globale fu firmato in Kenya dal presidente Omar El Bashir e dal leader degli indipendentisti John Garang. Il comma fondamentale di tale trattato era la previsione di un referendum per il 9 gennaio 2011 sulla possibilità per il Sud di diventare indipendente. Quando di fatto tale referendum venne organizzato, il 99% dei sudanesi scelse l’indipendenza. Quel giorno, per la prima volta nella loro storia, i sud-sudanesi poterono decidere sul loro destino. Il capitolo della schiavitù era formalmente chiuso.

AUTORE: Francesco Pierli