Le conclusioni. Proposizioni e Messaggio al popolo di Dio
In tema largamente dibattuto nell’assise sinodale, che si concluderà domenica 28 ottobre con una concelebrazione eucaristica presieduta dal Papa nella basilica di San Pietro, è quello dei laici, sui quali – ha detto il card. Peter Erdo, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee) – è prevalsa la “convergenza”. Mercoledì si è svolta la 19a congregazione generale, durante la quale è stato letto l’elenco delle Proposizioni, che da 327 sono diventate 57 dopo il lavoro svolto nei circoli minori. L’elenco è ora a disposizione dei Padri sinodali per gli emendamenti. Il Messaggio al popolo di Dio del Sinodo ha ricevuto “un applauso fragoroso”, durato circa dieci minuti, dai 262 Padri sinodali. Il testo, di taglio pastorale, contiene proposte rivolte – per la prima volta in un Sinodo – alle Chiese di ogni Continente.
Al Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione (che si concluderà domenica 28) sono presenti anche alcune suore. Una di loro, a margine dei lavori, dice: “Cosa dirò alle mie consorelle quando torno a casa? Forse nient’altro se non che qui nessuno parla di noi”.
Non conosco la suora, ma vorrei porle una domanda. È il Sinodo che deve parlare delle suore, o sono le suore che devono parlare del Sinodo? E, in ultima analisi, di Chi parla il Sinodo sulla nuova evangelizzazione? Certo, parla della necessità di un nuovo annuncio del Vangelo; parla dei destinatari (gli uomini e le donne di oggi) di questo annuncio; parla dei protagonisti e delle strutture dell’annuncio.
Il Sinodo sta parlando di Gesù. Meglio: Gesù sta parlando (nella sua Chiesa) al Sinodo.
E dice che, per risentire il Vangelo, gli uomini e le donne di oggi hanno bisogno di incontrare la sua gente, i cristiani. Soprattutto i santi, per quanto la loro vita glielo consente.
È quello che ha sottolineato il prefetto della Congregazione delle cause dei santi, il card. Amato, quando ha ricordato che nel documento preparatorio sono almeno 40 i rimandi alla santità e ai santi come indispensabili protagonisti della nuova evangelizzazione: “Il segreto ultimo della nuova evangelizzazione è la risposta alla chiamata alla santità di ogni cristiano”.
Perché la santità? Perché nei santi la Chiesa offre alle genti lo spettacolo del Vangelo vissuto, testimoniato e proclamato sine glossa, senza sconti. I santi evangelizzano con la loro vita, fatta di fede, speranza e carità. Mostrano la verità e la bellezza delle beatitudini, specchio di Cristo: beati i poveri, i miti, i puri di cuore, i misericordiosi, gli operatori di pace, i perseguitati. Essi rispondono con straordinaria creatività al comandamento dell’amore di Dio e del prossimo. I santi abbracciano l’umanità con la loro carità, rendendo la convivenza più buona, più pacifica, più fraterna.
Ha detto ancora il card. Amato: “Per questo i giorni del nostro calendario sono segnati dai nomi dei santi. La storia della Chiesa, in Oriente come in Occidente, al Nord come al Sud, registra santi di ogni età, di ogni Paese, di ogni razza, lingua o cultura, perché la grazia di Dio Trinità è come la rugiada del mattino. Essa si posa su tutte le piante del giardino, ma sulla rosa è rossa, sulle foglie è verde, sui gigli è bianca. Così è la santità, che, pur essendo unica, penetra nei cuori dei figli della Chiesa in ogni parte del mondo, in Asia come in Africa, in America come in Oceania o in Europa. Ci sono santi martiri, santi ‘confessori’, santi dottori della Chiesa. Tutti sono testimoni di Cristo ed evangelizzatori”.
Cara sorella che ti senti trascurata dagli interventi al Sinodo, più che metterti dalla parte dei destinatari – anche se ognuno di noi è sempre bisognoso di essere ri-evangelizzato – mettiti in quella dei protagonisti, di chi ringrazia Dio per la storia di grazia donata alla Chiesa e al mondo in questi due millenni e si ri-consegna mani e piedi al Signore perché sia Lui a parlare, sfamare, curare, insegnare, cacciare i demoni…
Impressiona, la vita dei santi. Come quella della giovane Benedetta Bianchi Porro. Appena nata, fu colpita da una emorragia. A tre mesi s’ammala di poliomielite. A dieci anni comincia a star male per neurofibromatosi diffusa, una forma tumorale che conduce alla perdita progressiva di tutti i cinque sensi. Un calvario di anni. Poco prima della morte, a 28 anni, chiama sua madre e riesce in qualche modo a dirle: “Mamma, mettiti in ginocchio e ringrazia Dio per me per tutto quello che mi ha dato”.
Ecco, se c’è una cosa che la Chiesa fa e dice al Sinodo è quella di mettersi orante e in ginocchio per ringraziare il Signore del Vangelo e per chiedergli la forza di portarlo ancora in ogni angolo del mondo, per amare e servire gli uomini e le donne del nostro tempo.