Due discepoli di Gesù tornano a casa angosciati e delusi dopo lo scandalo della passione e morte del loro maestro. È troppo grande lo sconcerto per sperare ancora in quel profeta potente in parole e in opere. Non aspettano nemmeno la fine della giornata di Pasqua, così piena di indizi e di segni. Non sopportano più quel vuoto discorrere sulla tomba trovata vuota. Se Gesù fosse veramente risorto, sarebbe venuto di persona a dirlo a chi lo aveva seguito con entusiasmo fino a Gerusalemme. È stata solo una brutta avventura la loro, hanno sperato e sono rimasti delusi. Ora si sentono soli e amareggiati, ma non possono fare a meno di commentare ciò che è accaduto.
La lingua batte dove il dente duole. Discutono tra loro e forse litigano perché su certe cose non sono d’accordo. Quanti di noi si sono trovati o si trovano su quella via di Emmaus tra dubbi e incertezze, combattuti nella fede, feriti nella speranza, in cerca di quel Signore che sembra essere scomparso dalla vita di ogni giorno! Siamo tutti viandanti in cerca di Dio, quel Dio che non si fa facilmente trovare e che, a volte, sembra ci abbia lasciati soli a lottare per la sopravvivenza. Avviciniamoci a quei due compagni di viaggio per condividerne l’esperienza di dubbio, di dolore e di gioia. Hanno molto da insegnarci. Per arrivare a Emmaus (l’odierna El-Qubeibe, distante 11 km da Gerusalemme) ci vogliono quasi due ore di cammino. La strada passa vicino alla tomba del profeta Samuele a Rama e scende nella zona collinosa ed ovest di Gerusalemme verso il mare. Abbiamo solo il nome di uno dei discepoli fuggitivi, Cleopa; l’altro è anonimo.
Forse è lui che lo ha raccontato a Luca che ce lo narra nel suo vangelo. L’evangelista divide il suo racconto nettamente in due parti scandite da due viaggi: il viaggio da Gerusalemme ad Emmaus e il ritorno nella città santa in piena notte. In quel pomeriggio di Pasqua, Cleopa e il suo compagno stanno dunque commentando e discutendo per strada i fatti più recenti che li hanno colpiti e feriti così vivamente. Nel calore della discussione, si accorgono appena di un misterioso terzo personaggio che li affianca nel cammino. Questi ascolta per un po’ e poi domanda di che cosa stiano parlando. Lo coinvolgono senza difficoltà nelle loro discussioni, come chi sente il bisogno di sfogarsi per alleggerire il peso che ha nel cuore. Non sospettano nemmeno lontanamente che Gesù stia camminando con loro, “i loro occhi sono incapaci di riconoscerlo”. Il Risorto ha potere di mimetizzarsi come vuole. La Maddalena, al mattino, lo aveva scambiato con il giardiniere del sepolcro (Gv 20,14s).
Gesù, che conosce a fondo il cuore dell’uomo, li fa sfogare consentendo loro di raccontare fino in fondo la loro versione dei fatti e ascoltando le loro pene interiori. Nonostante la delusione della croce essi conservano ancora una grande stima per Gesù, visti i successi della sua missione: “Fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo” (v. 19), dicono; ma concludono amaramente così il loro racconto: “Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; sono però passati tre giorni da quando queste cose sono accadute” e ora non possiamo sperare più. Tutto è finito! Non possiamo certo credere ai sogni delle donne che hanno raccontato visioni di angeli. Solo quando hanno detto tutto, interviene Gesù con parole forti di rimprovero: “Sciocchi e tardi di cuore nel credere alle parole di profeti! Non bisognava che Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”.
La fede presuppone un’intelligenza pronta e aperta all’imprevedibile di Dio, non condizionata da pregiudizi e da mentalità troppo umani. Dio ha suoi piani che spesso l’uomo non comprende. Allora Gesù pazientemente spiega loro le Scritture che lo riguardano. Ne sono incantati, tanto che il tempo è corso via veloce e si ritrovano già sulla soglia di casa loro. Ormai il sole sta tramontando e lo sconosciuto viandante vuole proseguire il suo cammino. Sono stati così bene insieme; dal cuore è scomparsa la cappa di piombo che l’opprimeva. Ora possono confessare: “Non ardeva forse il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?”. Chi sa quante cose ha ancora da dirci! Gli rivolgono un caldo e sincero invito: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto” (v. 29).
L’ospitalità è sacra per gli ebrei e lo sconosciuto accetta; entra in casa e rimane con loro. Dio non forza mai la porta di casa nostra, aspetta che noi lo invitiamo. Nell’Apocalisse dichiara: “Ecco, io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). Mai chiudere la porta in faccia a Cristo! Ora l’esperienza pasquale raggiunge il suo culmine. “Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero” (vv. 30-31). Quei gesti e quelle parole sono così familiari che è impossibile ignorarli, essi aprono forzatamente gli occhi per un vero incontro di fede. Le Scritture spiegate lungo la via hanno aperto il loro cuore, l’eucaristia apre i loro occhi. È un modello di vita ecclesiale per tutti noi: solo l’ascolto della Parola e la partecipazione all’eucaristia aprono gli occhi della fede, pacificano il cuore agitato da dubbi e incertezze, riaccendono la nostra speranza. Non c’è altra via per rendere sempre più sicura la nostra chiamata e la nostra elezione (2 Pt 1,10), per conquistare la speranza che non delude (Rom 8,24).
Allora, come quei due discepoli, si può correre nella notte per annunciare ai fratelli l’esperienza che abbiamo fatto del Signore risorto. La delusione e lo scoraggiamento aveva fatto allontanare i due discepoli dalla comunità apostolica di appartenenza; ora che hanno recuperato la fede e la speranza tornano indietro, a Gerusalemme, e riscoprono con entusiasmo la comunione fraterna nella Chiesa. Allora capiscono il significato profondo della professione di fede apostolica che chiude il racconto: “Il Signore è veramente risorto ed è apparso Simone” (v. 34). È la loro stessa esperienza fatta sulla strada e a tavola, cioè nella vita di ogni giorno. Il Risorto è sempre con noi, non ci lascia mai soli. Dobbiamo solo aprire gli occhi e il cuore per sentircelo vicino, compagno del nostro pellegrinaggio terreno. Sentiremo ardere anche noi il nostro cuore.