Quando lo scrittore e giornalista fiorentino Stefano Massini al concerto romano del primo maggio lancia il brano musicale The Grudge (cioè “il rancore”), sul palco non sale il suo giovane autore e interprete. Samuel Cuffaro è il ragazzo di 19 anni che il 7 maggio 2021 ha perso la vita insieme a Elisabetta D’Innocenti dopo l’esplosione di un’azienda di Gubbio dove si trattava cannabis light.
Davanti ai suoi coetanei e ai tanti che si sono ritrovati in piazza San Giovanni per l’evento musicale nel giorno della Festa dei lavoratori, arrivano le note di un brano rap tagliente e appassionato, che esprime il sogno di un ragazzo di vivere in un mondo giusto, senza sofferenza e tristezza, pieno d’amore.
Samuel amava la musica e con essa voleva arrivare al cuore della gente, specie a quello dei suoi coetanei, per gridare che con l’amore e la giustizia si può vivere tutti in pace. Parole dure e dolcissime al tempo stesso, quelle del suo brano, come solo i giovani sanno pronunciare di fronte a un mondo fatto di speranze ma anche di tante delusioni. Molte di queste ultime arrivano proprio dal lavoro: precario, sottopagato, complesso e – troppo spesso – mortale. “Nessun guadagno può giustificare la perdita di una vita”, ha ricordato sempre
Il primo maggio ad Assisi il custode del Sacro convento francescano, fra Marco Moroni, salutando i partecipanti alla manifestazione dei sindacati confederali per la Festa dei lavoratori. Nella sua Regola , ha ricordato Moroni, “san Francesco parla della grazia del lavoro, perché con esso si collabora all’opera divina della creazione”. “Con il lavoro ha proseguito – ciascuno dà il suo contributo affinché il mondo sia più bello e più giusto e tutti abbiano quanto necessario per una vita all’altezza della propria dignità”.
Ricordando poi “il numero crescente dei morti sul lavoro”, il francescano ha ammonito: “Facciamo tutto il possibile perché ciò non accada più. Vengano garantite sicurezza e salute in ogni luogo di lavoro”. Ottocento anni dopo il giovane santo assisano, con liguaggi musicali assai diversi dalla regola francescana, le parole di Samuel sono molto simili: “Possiamo lavorare sull’amore – scrive – che trasmettiamo a noi stessi e agli altri. È l’unica cosa che mi tiene in vita, oltre l’ossigeno e il cibo”. I giovani di oggi hanno le stesse speranze di quelli di otto secoli fa.