Il popolo della pace

La marcia della pace Perugia – Assisi avviene in un momento storico particolare ed ha un carattere straordinario, fuori delle date canoniche. fuori anche degli schemi classici. Vedrà infatti un momento, che si può considerare il più significativo e nuovo in piazza S. Francesco. Qui i marciatori si fermeranno e si raccoglieranno di fronte ad un palco sul quale troneggerà una scritta biblica “Sia pace per Gerusalemme”. L’augurio di un antico Salmista, ripetuto tutt’oggi nella liturgia delle ore, rivolto alla città santa, a tutti cloro che la abitano e, simbolicamente, a tutti gli abitanti della terra. Il passaggio per quella famosa piazza alla quale ha guardato più volte il mondo è la novità di quest’anno. In passato la via francescana non veniva incrociata, ma piuttosto schivata, non costituendo né meta né tappa. Il 12 maggio lì si avrà un momento di silenzio e di riflessione per decisione unanime ed ufficiale. Consapevolmente, i molti credenti che partecipano alla marcia, gli organizzatori e i tanti laici in questo modo riconoscono il ruolo positivo in favore della pace svolto dai francescani, quelli della Basilica di Betlemme e quelli presenti in Assisi e dalla Chiesa nel suo complesso e soprattutto che la pace non è monopolio di nessuno, né un affare da gestire in modo burocratico, ma un valore universale sostenuto da una volontà generale. Il messaggio del Papa, che sarà letto dal vescovo presidente dei vescovi umbri mons. Sergio Goretti, offre alla manifestazione laica, che tale rimane, un valore aggiunto inserendola in qualche modo, anche nella immagine, in quelle iniziative mondiali che sono state promosse da Giovanni Paolo II con gli incontri di preghiera delle religioni per la pace del 1986,1993 e 2002. Eventi che hanno segnato momenti alti di unità spirituale di uomini e donne di ogni religione e di buona volontà che rifiutano il ricorso alla forza per la soluzione dei problemi politici. In quella piazza vi sarà anche lo scambio di una fiaccola tra un israeliano e un palestinese, volendo con ciò significare che tra i due popoli si deve comunicare una luce di speranza che illumini l’avvenire delle loro martoriate popolazioni. Ci si domanda da molte parti a che cosa servano e quali risultati producano queste manifestazioni. E alla domanda nessuno può dare una risposta chiara e definitiva. Si deve tuttavia riconoscere non solo il diritto ma il bisogno che uomini e donne, giovani e anziani sentono in profondità nella loro coscienza l’esigenza di esprimere ad alta voce e con gesti esteriori una volontà irrefrenabile di cambiamento del mondo da quello che è a quello che deve e può essere: un mondo più umano, in cui la vita delle persone sia rispettata come un valore sacro e inviolabile. Perché ciò avvenga si deve innanzi tutto riconoscere colpe e responsabilità da una parte e dall’altra. Non si possono fare assoluzioni unidirezionali. Nella ricerca della purificazione della memoria e del superamento degli odi passati si deve riconoscere che le divisioni e i conflitti sono avvenuti “non senza colpa di entrambe le parti”. E il Papa nel messaggio per la giornata della pace ha detto che “non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza perdono”, perdono reciproco, naturalmente. Dall’iniziativa straordinaria della marcia vogliamo sperare che questo messaggio, a Dio piacendo, emerga e risulti efficace: che vada oltre un semplice augurio e tenda ad espellere le tossine della violenza che intossicano oggi il corpo ferito dell’intera umanità.

AUTORE: Elio Bromuri