La Wild Coast è un’area di alto valore naturalistico nella geografia del Sudafrica, ma anche per l’intero continente. Al largo di questo splendore del creato l’azienda petrolifera Shell ha individuato la possibile presenza di giacimenti petroliferi da sfruttare e sin dal 2014 ha ottenuto i permessi necessari per poter procedere con le esplorazioni del fondale.
Nel dicembre scorso le operazioni sono state interrotte a causa del ricorso presentato da alcune organizzazioni ambientaliste. La sentenza pronunciata qualche giorno fa dal tribunale di Grahamstown ha dato ragione ai ricorrenti perché le popolazioni locali non erano state correttamente informate e non avevano potuto esprimere il loro parere sul progetto. In questo tratto di costa che è lungo 300 km la ricerca sarebbe avvenuta con il metodo dell’esplorazione geosismica che simulando il movimento di onde telluriche causato da un terremoto, è in grado di individuare gli eventuali giacimenti di gas e petrolio.
Secondo tutti gli studi recenti, questa tecnica esplorativa mette a rischio le specie viventi nei mari che vengono fortemente disturbati dagli effetti causati dalle prospezioni geosismiche e abbandonano il proprio habitat o perdono l’orientamento o muoiono. Restano invece ignoti gli effetti di lungo tempo che questa tecnica esplorativa può generare. Insomma è la dimostrazione che gli idrocarburi causano danni e “inquinano” anche prima della loro estrazione e del loro uso.