Il Papa che più ha amato l’Umbria

Ben 11 le sue visite nella nostra regione

‘Mi piace stare qui, mi piace molto. Ecco, mi piace stare in questo ambiente, è un ambiente stupendo a motivo dell’arte. Parla il genio umano, parla il genio italiano, parla il genio cristiano’. Sono le bellissime parole che Giovanni Paolo II pronunciò in piazza IV Novembre a Perugia durante la visita del 1986. Non erano scritte nel discorso ufficiale, scaturirono spontanee dal suo cuore, fortemente impressionato dalla bellezza del luogo e dalla calorosa accoglienza dei giovani. Queste parole, dedicate a Perugia, possono benissimo esprimere e sintetizzare l’ammirazione di Papa Wojtyla per l’intera regione dell’Umbria, dove, nei suoi 27 anni di pontificato, è venuto ben 11 volte. Appena eletto, volle compiere un gesto di omaggio e devozione verso il santo umbro più popolare, Francesco, alla cui protezione affidò il ministero di pastore universale e il destino di uomo polacco divenuto ormai italiano. I libri di storia ricorderanno soprattutto le tre grandi giornate di preghiera per la pace ad Assisi nel 1986, 1993 e 2002. Nei momenti più bui della storia recente, quando i venti di guerra sembravano compromettere i destini dell’umanità, Giovanni Paolo, con la forza e la profezia di un condottiero ispirato da Dio, chiamò gli uomini di tutte le religioni a pregare per la pace. Il mondo guardò stupito e ammirato. Quelli, oggi, sembrano giorni tanto lontani. Noi umbri, con più semplicità, lo ricorderemo per la sua vicinanza e predilezione. Dopo le devastazioni del terremoto, nel 1980, volle accorrere in Valnerina per abbracciare le popolazioni duramente provate dal dolore e dalle sofferenze della precarietà. Fu accolto come un padre, verso il quale sempre ci si può rivolgere nei momenti difficili. Le carezze sui volti degli anziani e dei bambini di Norcia le abbiamo riviste quasi vent’anni dopo, nel 1998, sui ragazzi di Annifo di Foligno e sui volti dei due vecchietti di Cesi, costretti a vivere anche loro nei container, dopo la furia del sisma. Giovanni Paolo II non si è preoccupato di sporcarsi le scarpe nel salire le nostre montagne ferite o nel trascinarsi tra i calcinacci della basilica di San Francesco rovinata. Non si è preoccupato di sporcarsi le mani per abbracciare i feriti, i malati, gli operai delle Acciaierie di Terni, i carcerati di Orvieto, i disabili nell’Oasi Sant’Antonio di Perugia. Nessun gran politico lo ha mai fatto. Nella tristissima vicenda del rogo di Todi, città dove era stato in visita appena qualche mese prima, si disse che all’apprendere la notizia fosse impallidito e, colmo di dolore, si fosse raccolto in preghiera. In questa terra prediletta il Pontefice è venuto anche a ringraziare Dio, Amore Misericordioso, per avergli salvato la vita nell’attentato del 1981. Parlando sul sagrato del santuario di Collevalenza, commosse tutti: ‘Le mie esperienze personali di quest’anno, collegate con gli avvenimenti del 13 maggio, da parte loro mi ordinano di gridare: Misericordiae Domini, quia non sumus consumpti’. La fede, il dolore, il mistero di Dio e l’amore per gli uomini hanno portato Giovanni Paolo in Umbria. Ci ha voluto bene davvero. Noi, mi sembra, non siamo riusciti nemmeno a dirgli ‘grazie’.

AUTORE: Amilcare Conti