Il lusso della pietà

Abat jour

Roma. Ho passato la mattinata a discutere e valutare gli impegni di Capodarco nel Terzo mondo. L’emarginazione dei poveri, che da noi non ha mai allentato la presa, laggiù ha spesso assunto le dimensioni dello tsunami. Torno a casa. Il treno parte alle 16 meno qualcosa. Mi accompagnano a Lucio Sestio, stazione della metro A. Ma all’ingresso della scala che scende verso i binari s’è formato un piccolo assembramento. Rapidi e silenziosi si muovono pompieri, vigili urbani, infermieri. Un largo nastro adesivo, bianco a strisce rosse, chiude l’ingresso della scala. L’assembramento cresce, diventa subito una piccola folla, prima vociante, poi improvvisamente silenziosa. Silenziosa, tesa. Qualcuno s’è buttato sotto il treno della metro. I volti si scuriscono. Pietà vorrebbe che ci si facesse il segno della croce. Prudenza vorrebbe che ci si affrettasse verso la fermata degli autobus di superficie. Niente. Rimaniamo lì. Vince la curiosità. Ce lo dicevano anni fa certi sociologi: rendetevi conto che anche i più umani tra di noi assistono alle gare di Formula Uno con un misto di sentimenti tra i quali non manca mai, per quanto sottaciuta, la’ speranza di assistere ad un incidente’ possibilmente grave’ possibilmente mortale. Vito Mancuso: è una delle manifestazioni più forti, anche se camuffate, dell’istinto di morte che ci portiamo dentro. Il bene e la vita ci attirano perché ci ha creati Dio, il male e la morte conservano un loro fascino obliquo perché ci ha creati dal nulla, e il buco nero del nulla ogni giorno, in mille modi diversi, tenta di risucchiarci. Sale le scale la barella, un lenzuolo bianco copre il corpo del povero signore. Un ragazzo, dicono. O forse ‘solo’ un pensionato. E appena l’ambulanza parte con la sirena urlante, la folla si disperde. In un attimo. La metro rimarrà chiusa un qualche 10 minuti, tutti corriamo verso gli autobus di superficie. Io arrivo ultimo, quando l”auto’ è pieno zeppo. Sono lontani anni luce i tempi un cui con Francesco Canalini (oggi nunzio apostolico in Australia) al Laterano formavamo la coppie di terzini più rocciosa. Mi avvio a piedi verso la prossima stazione, Numidio Quadrato. Ad ogni autobus che passa guardo se’ niente da fare, tutti gremiti, le porte nemmeno si aprono. Cammino e penso. E ad un certo punto mi accorgo che ancora non ho detto nemmeno un Requiem aeternam per quel povero fratello. Un nodo alla gola. La pietà, un lusso. Anche per comunicatori inutilmente incalliti come me. Un lusso. Parliamo e scriviamo, scriviamo e parliamo. O forse blateriamo soltanto.

AUTORE: Angelo M. Fanucci