In questi giorni di festa, che sono precipitati improvvisamente in giorni di lutto per gli abitanti dell’intero pianeta terrestre a causa dello tsunami esploso nell’oceano Indiano, i più consapevoli commentatori hanno dato spiegazioni scientifiche ed hanno espresso dolore e angoscia. Ma nel fondo dell’animo di molti si è incuneato l’interrogativo antico, che l’uomo si pone di fronte alla morte, soprattutto quando essa giunge improvvisa e violenta, e fa strage di innocenti ignari della vita e dei suoi pericoli: Perché? Dio dov’è? Il vescovo Chiaretti ha dato voce a questo inquietante interrogativo al termine dell’anno, la sera del 31 dicembre nel duomo pieno di gente: si può cantare il Te Deum, cioè ringraziare Dio, dopo tutto quello che è successo? Ed ha confessato di non avere parole, e di poter solo ‘balbettare’ qualche cosa sul piano della fede. Da questa ha tratto qualche insegnamento per la vita, non delle spiegazioni concettuali. Quando siamo colpiti nel profondo, vediamo crollare ogni sistema di spiegazioni razionali e persino la fede è messa alla prova. Ma se non sappiamo cosa pensare e cosa dire, sappiamo tuttavia, che cosa fare. E la prima cosa è soccorrere prontamente e concretamente le popolazioni che hanno subito il disastro con mezzi adeguati che vadano oltre l’emergenza immediata, stabilendo una solidarietà a livello mondiale. Ed inoltre studiare il pianeta, la madre terra, che ‘geme e soffre’, sottoposta al non senso e in attesa della liberazione (cf Rom. 8, 19-23) per conoscere le sue leggi, cercare di dominarle, al fine di prevedere e prevenire gli eventi che possono danneggiare i suoi abitanti, trovando sistemi di allarme e di difesa dai cataclismi. La scienza e la tecnica, che hanno sviluppato grandi progressi nella conoscenza del cosmo, dovrebbero incentrare i loro sforzi nella difesa dell’uomo dai pericoli della natura ed insegnare agli uomini il rispetto per essa. Si deve prendere insegnamento da questa tragica vicenda per porre mano ad un’azione di sviluppo di quei paesi che non possono essere considerati solo terra di svago e divertimento per i ricchi cittadini occidentali. D’altra parte, quando succede il disastro, la violenza della natura non fa la differenza. Ha suonato strano il lamento di un giovane al ritorno in Italia per essere stato alloggiato in emergenza in un albergo dove c’erano gli scarafaggi. Sarebbe il caso di abbassare l’orgoglio dei ricchi vacanzieri.Insomma c’è molto da fare e per tutti. Il grido della disperazione di chi ha perduto i propri cari è anche un grido di aiuto dei superstiti e un ammonimento per tutti. Attraverso questa triste vicenda, se vissuta con una seria riflessione e una responsabile reazione di operosità generosa, l’umanità potrà crescere nella scoperta della propria unità e potrà anche scoprire l’insensatezza di porsi l’uno contro l’altro, mentre tutti dovremmo aiutarci a vivere insieme, in pace e sicurezza, per quanto è umanamente possibile, su questa terra. Ed infine trovare momenti di silenzio meditando il mistero che ci avvolge e ci sovrasta, con senso di stupore e timore, riconoscendo l’insignificanza del nostro potere sul corso della vita dei singoli, dei popoli e della creazione per essere anche pronti all’evento della fine personale di ognuno, secondo l’invito evangelico, perché, a parte le catastrofi naturali, nessuno conosce il giorno e l’ora.
Il gemito della creazione
AUTORE:
Elio Bromuri