Il frate che scoprì ‘Lamerica’

Alla festa di san Benedetto da Norcia si sono uniti anche gli italo-americani originari della Valnerina

Norcia e tutti gli emigrati della Valnerina in America. Di questo si è parlato, venerdì 23 marzo presso il palazzo comunale di Norcia, in un’interessante conferenza stampa di presentazione del progetto ‘La Valnerina negli Usa’, teso a rinsaldare l’amicizia con gli italo-americani residenti a Trenton-Hamilton, nel New Jersey. All’evento, organizzato all’interno delle celebrazioni benedettine, erano presenti il vice console onorario d’Italia a Trenton, Gilda Rorro Baldassarri, e una delegazione della città d’oltreoceano. Da tanti anni esistono relazioni tra la Valnerina e gli Stati Uniti. Dal 2000, poi, con il ritorno dei benedettini a Norcia, provenienti proprio dall’America, quelle relazioni si sono solidificate ancora di più. Oggi, dunque, la Valnerina e gli Usa sono più ‘vicini’ nel nome di san Benedetto e dei suoi monaci. Fu però un francescano conventuale a dare vita al fenomeno dell’emigrazione degli abitanti della Valnerina verso l’America: padre Pietro Jachetti, nato a Monteleone di Spoleto nel 1836. Secondo di sette figli, crebbe in una comune famiglia umbra dell’epoca, in cui il lavoro sodo era il pane quotidiano per tante bocche da sfamare. La sua vocazione alla vita religiosa nacque, oltre che dalla salda fede della sua famiglia, da una visita con una sua zia al convento di Monteluco, nei pressi di Spoleto. Nel suo diario annoterà della vocazione: ‘A Monteluco intesi dal di fuori del convento il rumore dei zoccoli; erano i religiosi che andavano in coro. Quel rumore accompagnato dal suono del salmo che recitavano mi faceva una viva impressione’. Formatosi come uomo e come frate, divenne figura dinamica, intelligente, zelante, intraprendente e spesso candida ed infantile. Nel 1862 fu inviato in missione in America, a Trenton. Aveva 29 anni. Molteplici furono i suoi incarichi negli Stati Uniti: parroco, superiore provinciale, maestro dei novizi e professore di teologia. Si distinse come abile predicatore. Neppure la malattia e alcuni interventi chirurgici fermarono le iniziative pastorali di quel sacerdote di larghe vedute, di fervido zelo, di carattere affabile, vero punto di riferimento per i deboli, sempre pronto a correre dove ci fosse bisogno. Ma nel cuore aveva sempre Monteleone, la sua Monteleone. Si teneva in contatto con i suoi amici, parenti e confratelli. Era a conoscenza delle difficoltà in cui versava la sua gente nelle valli umbre. La carenza di un reddito fisso aveva creato difficoltà a molte famiglie: era necessario intervenire. Si impegnò così a far emigrare numerosi monteleonesi a Trenton. Li aiutò a trovare lavoro e casa, a farli sentire accolti in un Paese estraneo e tanto, troppo, grande rispetto alla verde Umbria. Padre Pietro fu sempre premuroso verso i suoi compaesani. Ne custodì la religiosità, il patriottismo e la fraternità. Incoraggiò la fondazione di società di mutuo soccorso per la tutela dei diritti degli italiani e nel 1887 diede vita al Circolo italiano Colombo. In terra americana contribuì anche alla costruzione dell’ospedale di San Francesco, per decenni uno dei più attrezzati di tutti il New Jersey. Tutte queste cose, in un territorio in cui il cattolicesimo era in netta minoranza. Nonostante ciò, però, annunziò il Vangelo con la parola, con la vita e con le organizzazioni caritative e sociali. A molti anni di distanza i monteleonesi di Trenton, ma anche tutti gli altri ‘americani della Valnerina’, parlano ancora di padre Jachetti, delle sue opere, del suo zelo, della sua carità. Un vero ‘patrono’ degli emigrati umbri in America. Le sue spoglie mortali si trovano a Monteleone di Spoleto.

AUTORE: Francesco Carlini