Il dono unificante della carità

Parola di vescovo

Da circa un secolo, nella coscienza di molti cristiani è sorto prepotente il desiderio di ricomporre in unità il gregge di Cristo. Dal 1966 una commissione prepara un testo comune per la Settimana ecumenica che si celebra ogni anno nella seconda metà di gennaio. Quest’anno il tema è preso dal versetto 48 dell’ultimo capitolo del Vangelo di Luca: “Di questo voi siete testimoni”(24,48). Gesù risorto, dopo aver vinto la diffidenza e lo scetticismo delle donne e degli apostoli, “aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture” (Lc 24,45) e li mandò sulle vie del mondo a testimoniare quello che loro avevano visto e sperimentato. Questo era il compito degli apostoli, questo è il compito della Chiesa e questo è anche il compito nostro. La testimonianza degli apostoli e degli altri discepoli, per essere credibile ed efficace, esige l’unità e la carità. Per questo Gesù prega il Padre: “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me” (Gv 17, 20-23). Non è stata sufficiente la preghiera di Gesù né la presenza dello Spirito ad evitare le divisioni tra i credenti. L’uomo, anche se è uscito dal fonte battesimale come figlio di Dio e animato dallo Spirito santo, rimane creatura fragile e soggetto alla tentazione e al peccato. La comunità cristiana ha sempre corso questo pericolo e nel cammino della sua storia bimillenaria ha fatto la triste esperienza della divisione e della contrapposizione. Il Concilio ecumenico Vaticano II con il decreto sull’ecumenismo Unitatis redintegratio sollecita i credenti in Cristo a prendere coscienza del grave scandalo delle divisioni. Il documento inizia proprio con questo esplicito riferimento: “Promuovere il ristabilimento dell’unità fra tutti i cristiani è uno dei principali intenti del sacro Concilio ecumenico Vaticano II. Da Cristo Signore la Chiesa è stata fondata una e unica, eppure molte comunioni cristiane propongono se stesse agli uomini come la vera eredità di Gesù Cristo. Tutti invero asseriscono di essere discepoli del Signore, ma hanno opinioni diverse e camminano per vie diverse, come se Cristo stesso fosse diviso. Tale divisione non solo si oppone apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad ogni creatura”. Il cammino è ancora lungo, ma intanto noi cattolici possiamo fare la nostra parte incominciando a cementare l’unità nelle nostre comunità sia parrocchiali, sia diocesane. Dobbiamo tuttavia stare attenti al pericolo che, mentre da una parte ci impegniamo a ricercare l’unità con i fratelli cristiani separati, nello stesso tempo ci dividiamo tra di noi. In questi tempi all’interno delle comunità serpeggiano fermenti di intolleranza pericolosi. Facciamo allora tesoro di quanto la liturgia ci ha proposto con la lettera di Paolo ai Corinzi proprio domenica 31 gennaio, la IV del tempo ordinario (cfr. 1Cor 12,31-13,13): legge suprema per ogni comunità cristiana è il comandamento dell’amore, che non conosce riserve né distinzioni, e che Gesù ci ha lasciato come ultima raccomandazione.

AUTORE: Mario Ceccobelli