“Il testo avvia e rilancia, non conclude, un’opera di discernimento e di invito alla responsabilità pubblica dei credenti ” (n’). Così è scritto nel documento “Contributo per lo Statuto della Regione dell’Umbria” elaborato dalla Consulta regionale per i Problemi sociali e il Lavoro, la Giustizia e la Pace della Conferenza episcopale umbra e consegnato il 15 marzo scorso alle massime autorità della Regione. Il documento, infatti, non è semplicemente rivolto alle istituzioni competenti, ma è destinato in primo luogo ai cattolici umbri. Anzitutto perché si accresca il senso di appartenenza alla Chiesa e la consapevolezza che, in una fase decisiva per il futuro della regione, occorre assicurare una presenza qualificata affinché la visione cristiana della vita non vada dispersa anzi venga riproposta come via per interpretare e per quanto possibile orientare le scelte di prospettiva. A tale proposito dobbiamo purtroppo ammettere che la crisi di fondo contemporanea contrassegnata dalla scarsa partecipazione dei cittadini, specie giovani, alla vita politica, dalla scarsa considerazione dei cittadini verso gli attori della politica, dal distacco tra istituzioni e società civile e dall’affievolimento del concetto di bene comune riguarda anche i cattolici umbri. Un atteggiamento che non può lasciarci indifferenti. “L’assenteismo, il rifugio nel privato, la delega in bianco non sono leciti a nessuno, ma per i cristiani sono un peccato di omissione” – ammonivano i vescovi italiani vent’anni fa (La Chiesa italiana e le prospettive del Paese, n’3). “Le accuse di arrivismo, di idolatria del potere, di egoismo e di corruzione rivolte agli uomini politici non giustificano minimamente né lo scetticismo né l’assenteismo dei cristiani per la cosa pubblica” ha ribadito Giovanni Paolo II (Christifideles laici, n’2). Se si è assenti, rimane ben poco della carità cristiana. Il cristiano per sua natura, aderendo al preciso mandato di Gesù che ha amato tutti in ogni circostanza e condizione, si prende cura del prossimo. Il prossimo a lui affidato non è solo la sua famiglia o chi incontra nei vari ambienti di lavoro e di vita, ma è anche il quartiere, il paese, la città, la regione in cui vive, sino al mondo intero. Dobbiamo quindi sentirci tutti interpellati affinché l’evento della riforma dello Statuto dell’Umbria sia l’occasione per una ripresa di responsabilità politica, per ritornare a stare dentro le situazioni, per mettere in gioco quello spirito di servizio per il bene comune che spesso si pretende dagli altri. Per questo sarebbe significativo e costruttivo aprire un dibattito e un confronto sui contenuti del documento elaborato dalla Consulta regionale e che il settimanale “La Voce” ha inviato a tutti i suoi lettori. Non solo per esprimere consensi o valutazioni diverse (il documento è un contributo aperto) ma per aiutarci a crescere. Per aiutarci a superare quegli atteggiamenti dimessi e rinunciatari, frutto di una visione privatistica della fede, talvolta presenti in tanti cattolici. “Nella esistenza dei cristiani – afferma il Papa – non possono esserci due vite parallele: da una parte, la vita cosiddetta “spirituale”, con i suoi valori e le sue esigenze; e dall’altra, la via cosiddetta “secolare”, ossia la vita di famiglia, di lavoro, dei rapporti sociali, dell’impegno politico e della cultura…Ogni attività, ogni situazione, ogni impegno concreto sono occasioni provvidenziali per un continuo esercizio della fede, della speranza e della carità” (Christifideles laici, 59). L’opera di evangelizzazione della Chiesa (parrocchie, associazioni, movimenti) non può prescindere dall’educare i laici cristiani a questo coerente impegno fornendo quelle adeguate linee di spiritualità affinché la loro fede e la loro carità crescano non nonostante gli impegni quotidiani ma proprio attraverso essi.
Il “Contributo” è occasione di ricerca dibattito e partecipazione
STATUTO REGIONALE - Invito di Caracciolo ai cattolici umbri
AUTORE:
Pasquale Caracciolo