Il campanile lancia provocazioni alla piazza

FESTA DEL LAVORO. Che risposte può dare il laicato cattolico all'attuale situazione di precarietà?

Ho partecipato al recente Convegno ecclesiale di Verona specificamente occupandomi, per la nostra diocesi, dell’ambito del ‘lavoro e della festa’, ‘del loro senso e delle loro condizioni nell’orizzonte della trasformazione materiale del mondo e della relazione sociale’. Sono emerse con chiarezza le difficoltà e i cambiamenti, anche di linguaggio, occorsi in questa dimensione fondamentale dell’essere umano. Un tempo sarebbero state centrali questioni quali quelle della pastorale del lavoro, della testimonianza nel proprio impegno professionale’ Oggi, tali questioni sembrano esigere un profondo ripensamento che la ricorrenza del 1’maggio dovrebbe invitare tutti a fare. Il problema del lavoro oggi si qualifica propriamente come problema del lavoro che non c’è; centrale è dunque la questione della sua ricerca e della sua ‘precaria’ conquista e mantenimento stabile da parte dei giovani. Lavoro è quasi sinonimo di precarietà. Parallelamente, il tema della riqualificazione professionale e il tentativo di un costante ‘aggiornamento’ per sopravvivere ai cambiamenti sembrano elementi essenziali per rispondere alla quasi utopica ipotesi di un lavoro a tempo indeterminato: è richiesto a tutti i lavoratori un rinnovato impegno formativo. In tale contesto, non solo la festa del 1’maggio ma il giorno di ‘festa’ tout court sembra perdere del tutto significato, laddove, in una visione pienamente cristiana, proprio la festa deve rappresentare una dimensione ineliminabile e non ‘scollegata’ dal lavoro. Come emerge anche in uno dei punti del documento finale su ‘lavoro e festa’, un impegno in tal senso è primariamente dei laici. Essi infatti sono chiamati a vivere quotidianamente i problemi del mondo alla luce del Vangelo. Si delinea così ‘un itinerario che parte dalla piazza, viene rivisitato – nel discernimento personale e comunitario della Parola e della comunione di vita – all’ombra del campanile, per poi tornare a provocare la piazza, con il valore aggiunto della fede’. Non è possibile rinunciare alla sollecitudine ‘verso gli altri’; farlo significherebbe per noi cristiani tradire la Speranza. D’altra parte, invece, la precarietà, che è un ostacolo alla sopravvivenza della famiglia e alla realizzazione di una piena dignità umana, deve essere superata con un impegno comune volto a costruire sinergie, a lavorare insieme. È quanto dovremmo imparare a fare un po’ di più, anche nella nostra realtà altotiberina, trovando occasioni di incontro e mettendo insieme le competenze di politici, imprenditori, professionisti disposti ad un concreto e qualificato impegno cristiano per il bene comune. Anche in tale prospettiva ci pare che Agorà, la scuola di formazione sociale e politica della nostra diocesi (per info www.coopilsicomoro.it/Agor.htm), che da pochi giorni ha concluso il primo modulo sul tema Lavoro e proprietà, abbia rappresentato e auspichiamo rappresenti sempre più un’occasione di dialogo, confronto e formazione per la crescita della nostra realtà.

AUTORE: Massimiliano Marianelli