A Perugia sono 14 le comunità evangeliche; situate in diverse zone della città, accolgono famiglie e cittadini da tutto il mondo. “La nostra è una Chiesa multietnica, dove ci piace molto cantare e condividere” ci racconta la pastora valdese, di origine svizzera, Kathrin Zanetti. In via Machiavelli 10, all’interno della loro sede dove ogni domenica alle 11 celebrano il culto, tutto è quasi pronto per l’arrivo del Natale. I bimbi disegnano dei palloncini con auguri e pensierini personali da poter addobbare così, insieme a tanti fiocchetti, un albero fatto con rami di abete che terranno all’entrata fino al 6 gennaio. Il loro Natale inizia con l’accensione di una delle 4 candele inserite all’interno di una corona fatta con la tuia. “La luce per noi – aggiunge – è un simbolo molto importante perché Gesù è la luce del mondo. Affinché il Natale attraverso le nostre meditazioni non rappresenti solo un modo per ricordare il ritorno di Cristo, ma anche un modo per diffondere e creare una speranza per un mondo nuovo che non dovrebbe mai appassire”. Molte delle famiglie valdesi addobbano l’albero, mentre il presepe non è loro usanza, perché considerato “un pò troppo cattolico”. Nella loro piccola chiesa la festa viene vissuta in due fasi. Una prima fase cade il 19 dicembre, giorno della festa della “scuola domenicale” dedicata ai più piccoli in cui loro saranno i protagonisti e canteranno canzoni di Natale, in francese perché sono quasi tutti di origine africana, e in italiano, poi verranno raccontate loro delle storie sul Natale e infine consegnati dei regalini. Il 25 invece alle 11 si celebra il culto in cui sono previsti molti canti, per infine condividere l’agape fraterna che è il loro pranzo comunitario, dove ognuno porta qualcosa, caratterizzato da molti piatti africani, di pesce e da dolcetti di vario tipo preparati in casa. “Non sono molti i membri della nostra Chiesa – dice la pastora -: siamo una trentina, qui dentro ci stiamo stretti, ma è bello, siamo contenti quando siamo stretti e si balla e si canta tutti insieme esprimendo così la nostra gioia”. “Gli evangelici hanno la presunzione che, quello che fanno, lo fanno alla luce della Parola di Dio; e la Bibbia non ci parla del 25 dicembre come data di nascita di Gesù. Luca ci tramanda che i pastori guardavano le greggi, quindi si presume non fosse neanche inverno quando è nato Gesù. Ma, nonostante non siamo legati a questa data, basiamo la nostra predicazione sulla sua nascita, anche perché, se Cristo non fosse venuto, non fosse morto e riuscitato, la nostra fede sarebbe vana, come ci ricorda Paolo”. Queste le parole di Franco Ciuchi, anziano della Chiesa dei Fratelli in via Pellas 125. Racconta come Dio, dopo un periodo di silenzio assoluto, si rifà vivo in modo eclatante con la nascita di suo Figlio, che ha cambiato le sorti degli uomini. Per la loro comunità il 25 dicembre in sé non ha alcun significato perché la considerano come una festa pagana, non menzionata dalle sacre Scritture; ma Ciuchi sottolinea come all’interno dei loro culti ringrazino sempre Dio per averci dato Gesù. “Alcune famiglie della nostra comunità addobbano l’albero e preparano i cappelletti trascorrendo quei giorni di festa in famiglia, ma semplicemente perchè la tradizione vuole così, e noi ne approfittiamo per vivere questo momento per ritrovarci e stare insieme ai nostri cari”.Giovanni De Meo, veterano della Chiesa degli Avventisti del Settimo Giorno, con sede in via Cilea 11 a San Sisto, racconta come la data del giorno di Natale sia stata scelta storicamente per concedere con più facilità ai pagani di entrare all’interno della Chiesa cristiana, infatti il 25 era il giorno in cui si festeggiava il dio Sole.“Noi invece – dice – osserviamo il sabato per rispetto del quarto comandamento, proprio perché siamo convinti che il Decalogo non si possa assolutamente cambiare: ecco da dove deriva il nome ‘avventisti del Settimo Giorno’. Ma siamo cristiani e crediamo anche nella straordinarietà della figura della Madonna, che ha sopportato un giogo così dolce come la nascita del proprio figlio ma allo stesso tempo così doloroso come la sua morte”. Il 25 dunque per molte Chiese evangeliche è un giorno come gli altri, perché non esiste alcun riferimento biblico che indichi né il mese né il giorno della nascita del Salvatore. Ma, come afferma la pastora Kathrin Zanetti: “La vita ci lega e ci fa capire, se non si attraversa il mondo in modo distratto, che le differenze ci sono, ma non dovrebbero diventare ‘costitutive’”.
Il 25? Non è un giorno sacro
Le comunità evangeliche / protestanti sono meno legate alla data “tradizionale” della nascita di Gesù. La festeggiano soprattutto a scopo di socialità
AUTORE:
Assunta Loprete