Gli italiani sono ignoranti in materia religiosa. Oltre il 50% ha idee confuse sugli autori della Bibbia, e soltanto il 16% è in grado di mettere in ordine cronologico Noè, Abramo, Mosè e Gesù. Meno di due italiani su 10 sono in grado di citare i dieci Comandamenti; il 41% ne ricorda uno solo, di solito “Non uccidere” o “Non rubare”. È quanto emerge da un’indagine condotta da Gfk Eurisko per conto della Chiesa valdese, i cui dati sono stati presentati a Torre Pellice. Ne parliamo con Paolo Naso, coordinatore della Commissione studi della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei).
Che cosa l’ha colpita di più della ricerca Eurisko?
“Abbiamo riscontrato un’elevata punta di persone che senza esitazione si definisce cattolica. Il problema è che a questa ‘identità’ corrisponde un assoluto analfabetismo religioso. È un fenomeno che è andato peggiorando negli anni. Abbiamo per esempio posto la domanda su chi abbia iniziato la Riforma protestante. Circa il 50% degli italiani sa che è stato Lutero. Quando abbiamo posto la stessa domanda a giovani sotto i 30 anni, il dato si è abbassato al 31%. Emerge allora un dato ancora più grave che riguarda in particolare i giovani. C’è di che preoccuparsi…”.
Che cosa preoccupa di più?
“Un dato oggi di analfabetismo religioso così alto ha una pessima funzione sociale. Oggi le religioni sono chiamate in causa dal più ampio tema della interculturalità. Ignorare o non disporre di chiavi di comprensione della realtà religiosa significa venire meno alla cittadinanza sociale, alle dinamiche delle integrazioni, della semplice convivenza nello spazio pubblico”.
C’è insomma un legame tra i fenomeni di razzismo e l’analfabetismo religioso?
“Esiste un rapporto stringente. La forza più percepibile di razzismo è la discriminazione nei confronti di chi ha una religione diversa. Negli ultimi 4 anni, ad esempio, sono state fatte campagne scientifiche di delegittimazione della presenza islamica nel nostro Paese, con la motivazione che il musulmano è portatore di valori e sistemi di pensiero e vita incompatibili con la società italiana”
Perché l’appartenenza religiosa dà così fastidio?
“La prima ragione è che siamo in Italia. Siamo cioè in un contesto nel quale l’identificazione religiosa ha un peso che non si riscontra in altre società, come quella americana, inglese o svizzera. Il secondo elemento è dato dal fatto che alcuni partiti politici hanno diffuso echi dozzinali e volgari dello ‘scontro di civiltà’ che sono diventati categorie di scontro politico. Ci sono cioè in Italia forze politiche che hanno deciso di fare political marketing agendo su questo tema. E gli effetti negativi in termini di pregiudizio sono purtroppo sotto gli occhi di tutti, quando le logiche discriminatorie ed esclusive diventano senso comune”.
Un’Italia che non sa decifrare il fenomeno del pluralismo religioso, che Paese diventerebbe?
“Da un lato un’Italia più povera culturalmente, perché non sa capire la sua storia di Paese multiculturale e non sa fare proprie le ricchezze e le tradizioni specifiche dell’altro. Dall’altro, sarebbe un Paese più pronto all’implosione: il vettore religioso, anziché essere un vettore di mediazione in funzione della coesione sociale, diventerebbe un vettore di scontro. Se l’Italia non mette seriamente mano a una politica di alfabetizzazione religiosa in funzione della coesione sociale, a mio modo di vedere, aggrava un percorso di implosione sociale. Non ci capiamo, non dialoghiamo, non conviviamo serenamente, e perpetriamo una logica di scontro. Certamente a basso conflitto, ma uno scontro lacerante del tessuto sociale”.
I temi al centro del Sinodo valdese
Si è tenuto dal 25 al 30 agosto a Torre Pellice, in Piemonte, il Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste italiane. Tra i temi affrontati: il femminicidio, le famiglie-coppie di fatto, multiculturalismo e integrazione, l’8 per mille. E particolare rilievo ha avuto la ricerca Eurisko sull’ignoranza religiosa di cui si parla in questa pagina. Ai lavori hanno partecipato 180 deputati, per metà pastori e per metà “laici” eletti dalle comunità locali. Era presente anche mons. Mansueto Bianchi, presidente della Commissione per il dialogo ecumenico e interreligioso della Cei, insieme al vescovo di Pinerolo mons. Pier Giorgio Debernardi, nonché numerosi esponenti di altre Chiese evangeliche, italiane e straniere. Il tradizionale corteo sinodale che si snoda dalla “Casa valdese” fino al tempio di Torre Pellice quest’anno si è incrociato con una manifestazione organizzata dai Comitati locali contro la chiusura degli ospedali “valdesi” di Torre Pellice e Pomaretto, ceduti dalla Chiesa valdese alla Regione Piemonte nel 2003, e che quest’ultima intende ora ridurre a semplici presìdi “a valenza sanitaria”. Era inoltre aperto al pubblico l’incontro sul tema “Santa ignoranza. Gli italiani, il pluralismo delle fedi, l’analfabetismo religioso” al quale è intervenuta Cécile Kyenge, ministro per l’Integrazione con delega per il dialogo interreligioso. Quanto all’8 per mille devoluto alla Chiesa valdese, ci si è trovati di fronte a un vero boom: per la prima volta la Tavola valdese, attingendo alle quote non espresse, si troverà a gestire ben 37 milioni di euro. Dice il pastore Eugenio Bernardini, a capo dell’organo esecutivo dell’Unione delle Chiese valdo-metodiste: “A questo si aggiunge un altro dato molto importante: coloro che scelgono di devolverci il loro 8 per mille sono arrivati a 570 mila! Centomila in più dell’anno scorso e 200 mila in più di due anni fa. Tenendo presente i nostri 30 mila membri di Chiesa, significa che il lavoro di trasparenza e tracciabilità della ripartizione dei fondi, che da anni portiamo avanti, sta dando i suoi frutti”. Per ulteriori informazioni si può contattare l’agenzia stampa Nev (www.nev.it) o consultare il sito internet www.chiesavaldese.org.