E’ molto difficile scegliere un taglio per questo brano, così ricco di spunti e così impegnativo da interpretare. Esso si pone all’interno di un percorso narrativo costruito da Luca, che lo colloca quasi all’inizio del viaggio di Gesù verso Gerusalemme, dove egli vivrà la sua Passione. Dopo aver inviato i 12 in missione (12 come le tribù di Israele), dopo la rivelazione di Pietro, la moltiplicazione dei pani e la Trasfigurazione (in cui Gesù si manifesta nella sua potenza e fornisce gli strumenti per una vita di sequela) questo cammino ha inizio. Una delle prime cose che Gesù fa in questa fase è designare altri 72 discepoli e inviarli. La missione dei 72 non inizia quando i discepoli sono pronti né tantomeno quando si sentono pronti. La missione non presuppone la santità, e nemmeno una comprensione intellettuale di ciò che comporta il messaggio, e nemmeno una preparazione e uno studio filosofico religioso (anche se questi sono tutti aspetti importanti). La missione inizia sulla parola di Gesù che invia (Lc 5,5) e questo avviene – per i discepoli di allora come anche per noi – durante un cammino, non alla sua fine. In secondo luogo, Gesù invia una piccola comunità. Invia i 72 a due a due, come coppie e non come singoli, e li invia prendendoli da tutte le genti (72 è un numero simbolico che indica la totalità delle nazioni). In quel manipolo di discepoli c’erano dunque “rappresentanti” di ogni popolo. Gesù esce dallo stereotipo di un annuncio ristretto e limitato entro gli angusti confini di una nazione o destinato agli appartenenti a una determinata etnia. Tutti possono essere discepoli, e tutti possono essere chiamati alla missione. In terzo luogo, al discepolo non viene richiesto un carisma particolare. Non si annuncia la propria parola, non ci si basa sulla propria eloquenza, come ha imparato anche Paolo ad Atene. Non è la parola di un singolo, di un guru carismatico che converte l’ascoltatore, ma la Parola di Gesù che – indegnamente – i discepoli annunciano e vivono. È un lavorare “per conto terzi”. Infine, si viene designati per l’annuncio, si risponde a una chiamata a cui siamo liberi di aderire o no: questo è l’unico spazio decisionale che viene chiesto al discepolo da Gesù, e tanto basta. È un ministero che viene affidato al discepolo.
L’annuncio dei 72 non si differenzia nella sostanza da quello dei 12. Anzi. È forse più articolato e per certi versi anche più esigente. Ai 72 viene chiesto addirittura di non portare sandali. Come facessero a camminare scalzi per quelle strade, rimane un mistero. Rimane il concetto fondamentale del fidarsi del mandato nonostante i propri limiti e le proprie miserie, del fidarsi di Colui che manda, non di noi stessi. Gesù avrà modo di sottolineare questo esplicitamente al loro ritorno benedicendo il Padre che ha rivelato queste cose ai piccoli. La vita stessa della comunità, e di conseguenza l’irradiazione all’esterno dell’Amore vissuto nel profondo all’interno di essa, si fonda immancabilmente su questo affidamento totale a Colui che rimane la fonte e l’origine del mandato, un mandato incomprensibile e al di là della nostra umana capacità di portarlo a termine (“Ma Gesù, con tutto il bene che ti voglio, come posso camminare scalzo per le strade sassose della Galilea?”). La comunità rimarrà quel gruppo di piccoli uomini con i loro difetti, che lo abbandonerà sotto la croce, ma che nel contempo avrà il proprio nome scritto nei cieli, segno di contraddizione e di scandalo fra la potenza di Dio di cui è portatrice (scaccia i demoni e guarisce i malati) e la miseria umana di cui è capace. Il risultato che la comunità vive è la pace, intesa come concetto più ampio di quello comunemente inteso come assenza di guerra. Una pace che è in grado di trasmettere solo perché è capace, grazie a Gesù, di viverla in prima persona. Una pace che è non-violenza attiva, che è quella forza irrazionale che fa in modo che gli agnelli sopravvivano in mezzo ai lupi. Eppure è questa la forza straordinaria dell’annuncio che Gesù chiede ai suoi discepoli, allora come oggi; razionalmente incomprensibile se lo misuriamo con il metro di una logica puramente umana. Gesù ribalta questa logica con il suo “non opponetevi al malvagio” (Mt 5,39), e chiede al discepolo di entrare da agnello nel covo del lupo, agnello come lo è stato lui stesso, secondo la definizione datagli dal Battista.