Sono fermamente convinto che ancora oggi rimanga importante, se non necessaria, la presenza attiva dei cattolici in politica. Senza questa presenza verrebbe a mancare qualcosa di molto vitale alla politica stessa. Dice l’autore della Lettera a Diogneto, uno scritto della fine del II secolo dell’era cristiana, che, come l’anima è nel corpo, così nel mondo devono essere i cristiani. La costruzione dello Stato democratico in Italia si deve in gran parte anche ai cattolici: sia da parte di quelli che furono impegnati nella Costituente, sia di quelli che li sostennero col loro voto. Tramontato, per le cause che tutti sappiamo, quello che era il partito dei cattolici, si è avuta una loro diaspora verso le nuove formazioni politiche. Ma queste formazioni, come si è potuto costatare, nel corso degli anni si sono trovate, di fatto, ad essere in contrasto fra di loro e questo ha inciso fortemente anche sui cattolici in esse presenti ed ha causato un forte indebolimento di quelle che avrebbero dovuto essere le loro proposte politiche. Di fatto oggi, come ha sapientemente rilevato il direttore de La Voce, tutti gli schieramenti sono alla ricerca dei cattolici, che poi, di fatto finiscono il più delle volte per doversi adattare a ruoli subalterni. Nonostante tutto, voglio però, in questo momento non facile, aprire il cuore alla speranza, facendo mio, il “sogno” del Cardinale presidente della Cei espresso nella sua prolusione al Consiglio permanente il 25 gennaio 2010, quando affermava: “Mentre incoraggiamo i cattolici impegnati in politica ad essere sempre coerenti con la fede che include ed eleva ogni istanza e valore veramente umano, vorremo che questa stagione contribuisse a far sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici che, pur nel travaglio della cultura odierna ed attrezzandosi a stare sensatamente dentro di essa, sentano la cosa pubblica come importante ed alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa, siano disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni. La politica, dunque, come vocazione, missione e misura alta della santità. Italiani e Credenti che avvertano la responsabilità davanti a Dio come decisiva per l’agire politico”. Sono parole che dovrebbero risuonare, non solo come monito per chi si impegna in politica, ma essere causa di una riflessione, di un ripensamento profondo, su tutta la politica. Occorre perciò, se si vuole riuscire in una simile impresa, abbandonare un certo cristianesimo di facciata che oggi è diventato irrilevante se non controproducente, confidare nella grazia di Dio e da essa lasciarsi investire e lavorare. Ma occorrono anche, a monte dei politici, comunità vive di fedeli laici che si impegnino a vivere il mistero di Dio nella loro vita, consacrandosi ai beni fondamentali della verità, della libertà e della coscienza. È di qui che sgorgheranno quei valori irrinunciabili che costituiscono il fondamento di ogni civiltà: la vita umana, comunque si presenti e dovunque palpiti, anche al suo tramonto; la famiglia formata da un uomo e una donna e fondata sul matrimonio; la responsabilità educativa; la solidarietà verso gli altri, soprattutto i più deboli; il bene comune; il lavoro come possibilità di realizzazione della propria persona; la pace. La politica deve saper optare per queste scelte che portano verso il traguardo della solidarietà condivisa, dell’integrazione etnica e dell’accoglienza. Essa deve saper riprendere il proprio ruolo autonomo dai vincoli delle varie corporazione dell’economia, dell’industria e della tecnologia. Risuonano profetiche le parole pronunciate da Benedetto XVI a Cagliari il 7 settembre 2008: “Possiate essere capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di creare con competenza e rigore morale le soluzioni di uno sviluppo equo e sostenibile”. Alla luce di queste parole non ci resta che auspicare un rinnovamento generazionale capace di ridare speranza.
I cattolici in politica
AUTORE:
Gualtiero Bassetti