“Ho ricevuto in dono un popolo”

Primo incontro in Vaticano tra esponenti dell'arcidiocesi di Spoleto-Norcia e il nuovo vescovo mons. Renato Boccardo

Da una settimana mons. Renato Boccardo è il nuovo arcivescovo di Spoleto-Norcia. Martedì scorso il Collegio dei consultori dell’arcidiocesi si è recato in Vaticano, presso il Governatorato, per incontrare il nuovo Pastore, che prenderà possesso della diocesi nel pomeriggio di domenica 11 ottobre. Mons. Boccardo ha accolto i sacerdoti all’ingresso del Governatorato e con loro ha parlato per circa un’ora, in un clima di vera familiarità. Finora il nuovo presule spoletino, tra l’altro, era responsabile di 1903 dipendenti laici del Vaticano. ‘Per noi Boccardo era come un padre – ci ha detto un addetto di segreteria. – Conosceva il nome di tutti noi, le nostre storie, ci dava consigli. Perdiamo una grande persona; siete davvero fortunati’. Al termine dell’incontro mons. Boccardo, dopo aver fatto una foto con i consultori, ha concesso la sua prima intervista al nostro settimanale. Eccellenza, Benedetto XVI l’ha nominata arcivescovo di Spoleto-Norcia. Come ha accolto questa nomina?’Con sorpresa da un parte e con trepidazione dall’altra. Accogliere e ricevere il dono di un popolo e di una Chiesa, per di più una Chiesa così ricca e feconda di santità come quella di Spoleto-Norcia, è una grande responsabilità. Iniziando questo ministero sento tutta la ricchezza e il peso di questo servizio ecclesiale che mi viene richiesto. L’ho accolta con fiducia: ho sempre creduto che, quando il Signore chiama e affida una missione, dà anche la grazia affinché possa essere compiuta nel modo migliore’. Chi è Renato Boccardo, come nasce la sua vocazione al sacerdozio? ‘Sono di Susa e sono figlio unico. Dopo il liceo ho pensato che diventar sacerdote poteva essere la mia strada. Ho incontrato dei preti che mi hanno accompagnato e sostenuto in questo cammino. La mia famiglia, papà e mamma, mi hanno sempre detto: se tu sei contento, lo siamo anche noi. E così mi sono presentato al seminario. Il vescovo mi ha mandato a Roma al Capranica. Sono passati trentadue anni e sono ancora felice della scelta fatta. Poi, il Signore mi ha condotto per strade che non avevo mai immaginato. Mi sono stati affidati diverso ministeri. Tutti, benché diversi tra loro, molto belli e ricchissimi di esperienza umana e sacerdotale’. Come immagina il passaggio dal mondo diplomatico alla guida di una diocesi? ‘È qualcosa di nuovo, ma non del tutto. Pur avendo svolto in tutti questi anni ministeri particolari (Governatorato da ultimo, ma prima al Pontificio consiglio per i laici e ad organizzare i viaggi papali) c’è sempre stato un aspetto pastorale. Il prete non può fare l’impiegato, non può fare l’amministratore. Il prete è fatto per stare con la gente. Questa dimensione pastorale, che ho sempre tentato di custodire ed esercitare, trova adesso la sua pienezza. Per questo sono grato al Papa che mi affida una diocesi così bella e ricca come Spoleto’. Conosceva Spoleto? ‘Conoscevo la cattedrale e la fama della città per il Festival dei Due mondi. Conosco la storia di san Benedetto e di santa Scolastica. Non conosco la diocesi nella sua vita quotidiana. Conosco anche la spiritualità di santa Rita grazie a mia nonna, che ne era devotissima. Fin da bambino ho sentito parlare di lei e delle rose. Arrivare adesso a fare il vescovo a Spoleto e trovare la casa di santa Rita mi fa quasi sentire in famiglia’. Come intende muoversi all’inizio del suo ministero episcopale? ‘La prima cosa da fare è quella di mettersi all’ascolto. Il vescovo ha un ministero di paternità nella sua diocesi. È una paternità che non si inventa, ma che si inserisce in una storia, in un patrimonio che deve essere scoperto, accolto, custodito e trasmesso. Il primo impegno sarà di conoscere le persone, in particolare i preti, prima ancora delle strutture. Insieme ai sacerdoti, poi, guardare alla nostra gente, alla nostra società per continuare ad annunciare la Parola sempre viva’. Qual è secondo lei il bisogno più urgente del mondo giovanile e quali linguaggi la Chiesa deve usare per farsi loro prossima? ‘Quello di ragioni forti da mettere alla base della vita. La nostra società ci spinge sempre di più verso qualcosa di immediato, di quello che si vede, che si tocca, che si ottiene senza fatica e a buon prezzo. I giovani che portano dentro questa voglia di cose grandi, di ragioni forti, di impegno, di generosità, non possono accontentarsi delle piccole cose. E allora tocca a noi come Chiesa, ma anche alle famiglie e alle diverse istituzioni, saper proporre loro grandi ideali. Questa è la grande sfida che ci attende: mettersi a livello della gioventù per cogliere bene le sue attese, le sue speranze e avere una risposta adeguata. La Chiesa deve essere compagna di strada del mondo giovanile e lo deve fare nel linguaggio e nelle forme del mondo di oggi’. Il Papa nella sua ultima enciclica ha detto che solo con la carità è possibile conseguire obiettivi di sviluppo dotati di una valenza più umana e umanizzante. La popolazione, anche in Umbria, anche a Spoleto, soffre per l’attuale crisi economica. Cosa vuol dire a queste persone il nuovo vescovo? ‘Sembra che la situazione attuale provochi i cristiani ad un’attenzione che non è solo materiale, operativa, ma del cuore. Siamo tutti responsabili di tutti. La Chiesa è nel mondo il prolungamento di Gesù. La professione della fede non è mai completa se non si traduce nei gesti concreti della carità. Dobbiamo avere la fantasia della carità, per andare incontro alle diverse esigenze, per fare come il Samaritano’. Spoleto è piena di iniziative culturali, dal Festival dei Due mondi al Teatro lirico sperimentale. Come la Chiesa, secondo lei, deve interfacciarsi con il mondo della cultura? ‘Con un atteggiamento di simpatia. La cultura, che manifesta la ricerca dell’uomo, del bello, del vero e del buono, non è lontana dal discorso cristiano. Anzi, il Signore Gesù è venuto per dirci che il creato, in tutte le sue componenti, esce dal cuore e dalla mente di Dio. Tocca alla Chiesa farsi interprete di questa promozione della bellezza e parlare con tutti gli uomini e le donne di buona volontà che continuano con il lavoro dell’intelligenza, con l’arte, con le diverse manifestazioni della cultura a ricercare il bello e il buono. Abbiamo un cammino comune da percorrere. E la Chiesa con quella sapienza che le viene dal Vangelo ha qualcosa da proporre, da offrire a tutti quelli che cercano la verità’. Lei è stato segretario del Pontificio consiglio per le comunicazioni sociali. Quanto sono importanti oggi per la Chiesa i mass media? ‘I settimanali diocesani e le radio svolgono un servizio prezioso. Sono l’eco della parola della Chiesa. Probabilmente raggiungono quelle case e quelle persone che non necessariamente sono in contatto con la presenza della Chiesa sul territorio. È un servizio prezioso che rende presente una voce diversa. È importante non perdere questo gusto della diversità. Non perché siamo migliori degli altri; tutt’altro. Abbiamo un messaggio particolare che come discepoli del Signore dobbiamo proclamare al mondo di oggi. Si tratta di guardare alla realtà, di interpretarla, di abitarla con quel pizzico di sapienza particolare (Paolo VI parlava di un supplemento di anima) che possiamo applicare alla realtà quotidiana. Mi auguro che i media della Chiesa di Spoleto-Norcia e dell’Umbria siano questo altoparlante che rende presente la voce della Chiesa in mezzo al rumore e alle parole degli uomini’. Francesco CarliniIl suo motto’Non mi vergogno del Vangelo’ ‘No’Non erubesco evangelium’: Non mi vergogno del Vangelo, è il motto episcopale di mons. Renato Boccardo. È una piccola frase tratta dalla Lettera di san Paolo ai Romani. ‘Credo – dice l’Arcivescovo – che questo passo della Bibbia definisce bene la missione del vescovo: annunciatore e servo del Vangelo. La parola del Vangelo può essere anche scomoda, e la tentazione può essere anche quella di metterla un po’ da parte, di vergognarsene. Scegliendo questo motto ho chiesto al Signore la grazia di essere sempre fedele a quella Parola che fonda tutte le altre parole’. A monsignor Renato Boccardo gli auguri del Presidente della Repubblica e dei Vescovi umbriL’ arcivescovo Renato Boccardo è il 116’successore di S. Brizio, primo vescovo di Spoleto. È il quarto Pastore dell’arcidiocesi di Spoleto-Norcia, costituita nel 1986. Tra i suoi predecessori, due sono divenuti Papi: Maffeo Barberini, poi Urbano VIII, e Giovanni Maria Mastai Ferretti, poi Pio IX. L’arcidiocesi è immediatamente soggetta alla Santa Sede. Si estende su 1.836 kmq; 7 sono le antiche Chiese che oggi la compongono: Spoletium, Nursia, Mevania, Trebia, Hispellum, Martana, Carsuale; 25 i Comuni che la compongono; 101.478 abitanti; 75 parrocchie; 81 sacerdoti diocesani; 53 sacerdoti regolari; 7 diaconi permanenti; 12 monasteri di clausura femminili; uno maschile; 10 comunità religiose femminili; 10 le famiglie religiose maschili.Al nuovo Arcivescovo sono giunti molti telegrammi di auguri. Uno merita una menzione particolare, quello del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: ‘A seguito Sua nomina arcivescovo di Spoleto-Norcia – scrive il Capo dello Stato – mi è gradito farle pervenire gli auguri più cordiali insieme a fervidi auspici per la Sua nuova nomina’. Anche i Vescovi dell’Umbria si sono stretti intorno al nuovo Arcivescovo di Spoleto: ‘Viene nella nostra regione – scrivono in una nota -, ricco di una straordinaria esperienza pastorale nei diversi uffici della Santa Sede. Il suo molteplice impegno, a partire da quella delle Giornate mondiali della gioventù, sarà di non poco giovamento a tutti’.