La firma in Campidoglio del Trattato Costituzionale europeo giunge al termine di un percorso caratterizzato da un acceso confronto tra i vari governi dell’Unione e da un intenso – per molti aspetti inconsueto – dibattito a livello di pubblica opinione, favorito dal metodo scelto per giungere al Trattato stesso, elaborato non solo attraverso i tradizionali negoziati diplomatici ma anche per mezzo di una convenzione internazionale. La scelta di Roma come sede per la firma evoca l’ormai lontana stagione delle origini, la nascita nel 1957 della Comunità economica europea, accompagnata da ben altri entusiasmi. Da allora il processo di integrazione è andato avanti tra alti e bassi e i membri dell’Unione da sei sono divenuti venticinque. Con la Carta Costituzionale contenuta nel Trattato essi si danno ora un quadro normativo unitario che rafforzerà la comune identità. Si tratta per lo più di principi già presenti nelle varie costituzioni dei paesi membri che ricevono tuttavia adesso una consacrazione comune. Il Trattato fa compiere inoltre alcuni passi avanti al processo di integrazione. Anche se non decisivi per il superamento delle sovranità nazionali, essi rafforzano le istituzioni comunitarie e sono il frutto del faticoso accordo siglato il 18 giugno scorso. Si conferisce personalità giuridica all’Unione, si dà maggiore stabilità alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, si istituisce un ministro degli Esteri europeo e si aumentano i poteri del Parlamento di Strasburgo. Si lasciano però ai vari paesi competenze in materie importanti, quali la politica economica, fiscale e giudiziaria, senza contare la politica estera e di difesa. Per queste materie le decisioni continueranno ad essere prese all’unanimità. Aumentano tuttavia i casi in cui si potrà decidere a maggioranza, sia pure sulla base di parametri piuttosto elevati (55% dei governi e 65% della popolazione dell’Unione). Se a ciò si aggiunge che il Trattato entrerà in vigore fra il 2009 e il 2014 e che su di esso pesa l’incognita delle ratifiche parlamentari e, in alcuni casi, dei referendum popolari, che potrebbero vanificarlo, si comprende perché i passi compiuti verso l’unione politica del continente siano veramente pochi. Ciononostante la data del 29 ottobre merita di essere valutata positivamente. Occorre considerare che i risultati raggiunti con il Trattato Costituzionale sono il massimo consentito nell’attuale quadro politico europeo, dove gli euroscettici sono numerosi, così come i dissidi fra i vari paesi membri. Soprattutto occorre pensare che ogni progresso, sia pur minimo, compiuto dall’Unione Europea sulla strada dell’integrazione rafforza la causa della pace, in Europa e, più in generale, nel mondo. Offre motivi di conforto e di speranza, assai scarsi nell’odierno panorama delle relazioni internazionali. La fine della guerra fredda ha aperto una fase storica ‘ un nuovo ‘disordine mondiale’ – di cui non si intravedono ancora con certezza gli esiti. Se da un lato ha ridato vigore al processo di costruzione di un ordine internazionale basato sulla libera aggregazione dei vari paesi, dall’altro ha fatto riemergere i nazionalismi, ha dato impulso ai fondamentalismi e ha sollecitato tentazioni di ordine imperiale, mettendo in crisi i più consolidati istituti della diplomazia multilaterale. Il nostro tempo è segnato dal conflitto iracheno, da quello israeliano-palestinese, dal dramma della Cecenia e dalle tante altre guerre dimenticate in atto nel mondo. È quindi importante la scelta dei paesi europei di rafforzare le ragioni del loro stare insieme: essi danno un segnale che va oltre i confini dell’Europa e indica la strada da percorrere per far crescere la pace, la democrazia e il benessere dei popoli. L’integrazione e la cooperazione appaiono infatti come gli strumenti migliori per favorire un processo unitario nella comunità internazionale: salvaguardano le diversità – statali, nazionali, etniche, culturali – ma escludono al tempo stesso sia gli effetti perversi della frammentazione, quali l’anarchia internazionale, il ristagno economico, l’autoritarismo e l’oppressione delle minoranze, sia la scorciatoia egemonica, che mira a eliminare tali effetti attraverso la realizzazione di un sistema unipolare o imperiale.
Guardando al futuro
Una firma storica, dopo quella del 1957, sancisce la nascita della nuova Unione Europea: allargamento a 25 membri, ed un'identità più forte
AUTORE:
Luciano Tosi