Saranno anche cose risapute. Io però ne dubito seriamente. In questo clima di grande confusione, non so quanti cristiani riescono a rendere ragione della propria speranza. Manca certamente la consapevolezza dello spessore e dell’utilità sociale della nostra fede: ci siamo ridotti ad una minoranza silenziosa che rischia di non dire più nulla, e non per una generalizzata persecuzione che cerca di spegnere ogni voce di verità, ma proprio per una perdita di significato e di prospettiva. Per nostra grande fortuna, Pietro continua a confermare la nostra fede, nella persona magnifica ed esemplare di Benedetto XVI. Siamo all’inizio dell’inverno, e io lo vedo come il buon padre di famiglia che invita tutti intorno al caminetto scoppiettante, per riflettere, ascoltare e ragionare insieme. Non possiamo perdere queste opportunità: per noi la catechesi del Papa è il sistema della verità. Prima l’importanza fondamentale dell’amore (Deus caritas est), poi la qualità della risurrezione (Verona 2006), oggi lo spessore della speranza, la vita eterna (Spe salvi). La speranza che non delude, non è solo una notizia. Ecco la prima grande riflessione. Il cristianesimo è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. Così i martiri, così i monaci e tutti i santi della Chiesa. Hanno accolto la buona notizia e vi hanno costruito sopra una vita diversa dal solito. ‘Per amore di Cristo hanno lasciato tutto per portare agli uomini la fede e l’amore di Cristo, per aiutare le persone sofferenti nel corpo e nell’anima. Lì la nuova sostanza della fede si è comprovata realmente come ‘sostanza’, dalla speranza di queste persone toccate da Cristo ‘ possedute dalla sua presenza ‘ è scaturita speranza per altri che vivevano nel buio e senza speranza’ (cfr. n. 8). La lettera ci aiuta a colmare le nostre lacune. Abbiamo ridotto la nostra fede a un fatto soggettivo e spesso intimistico. Dobbiamo ritrovare la pienezza della nostra speranza, quella di un popolo che sa ricostruire la propria vita su strutture di giustizia e di sicurezza. Dobbiamo fondare sempre di più le nostre scelte sul ‘già’ che ci è stato donato, su una Presenza che già ci può colmare, e alla quale nulla è impossibile. Possiamo essere più giusti e meno violenti, perché il Pane della vita è più forte del male e della stessa morte. Lo sviluppo definitivo, il ‘non ancora’, non toglie la sovrabbondanza del momento presente, che potrebbe già cambiare la nostra storia di oggi. Il Papa ci offre anche le ragioni filosofiche e storiche di un cristianesimo vissuto parzialmente. Abbiamo forse più subìto che aggredito lo spirito del mondo moderno. Ma lo stesso fallimento delle grandi ideologie ci conferma la bontà di un messaggio evangelico che risponde veramente alle esigenze della mente e del cuore di ogni uomo. La vita eterna, già presente nel cuore di ogni redento, ha le radici della vera vita ed è relazione con Colui che è la sorgente della vita: ‘Se siamo in relazione con Colui che non muore, che è la Vita stessa e lo stesso Amore, allora siamo nella vita. Allora viviamo’ (cfr. n. 27).
Grazie, Papa Benedetto
AUTORE:
' P. Giovanni Scanavino