Anche la nostra Chiesa rimane fedele al Vangelo, al mandato di Gesù: “Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni” (Mt 10,8). La sensibilità dell’Unitalsi per i malati è la fedeltà della Chiesa al costante impegno di Gesù per tutti gli infermi, che ha cercato di incontrare e di guarire. Non si può scindere la vocazione cristiana dalla preoccupazione per gli ammalati e dalla loro cura per la guarigione. Purtroppo la nostra fede continua ad essere debole: non riusciamo a far rivivere i “prodigi” della Chiesa di Pentecoste, nonostante continuiamo a distribuire la pienezza dello Spirito nel rito perenne della cresima. Ai nostri ragazzi assicuriamo la cresima, ma non riusciamo a convincerli che la pienezza dello Spirito è in relazione alla pienezza della carità, e questa si distingue in particolare per la cura degli ammalati. Continuiamo a “non capire”. Se ci si dice che dobbiamo dare noi da mangiare alla folla, perché non svenga per strada, continuiamo a rispondere come i discepoli: “Non abbiamo che pochi spiccioli, insufficienti per sfamare una moltitudine”. Se ci troviamo di fronte allo storpio che chiede l’elemosina, non dubitiamo neppure di avere quanto gli serve. Quando va bene, tiriamo fuori due spiccioli e proseguiamo il nostro cammino; non pensiamo neppure di avere a disposizione la stessa potenza guaritrice di Gesù, come Pietro dopo la Pentecoste: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina” (At 3,6). Accanto a una Chiesa così sfocata e formale, cerimoniosa, per fortuna ci sono anche dei cristiani ricchi di generosità e di attenzione ai più piccoli e ai più poveri; giovani e adulti che continuano a privilegiare gli ammalati, come faceva Gesù. Non riescono ancora a rovesciare il sistema; purtroppo il dio denaro la fa sempre da padrone, anche nel mondo della Sanità. Ma la testimonianza genuinamente evangelica vissuta nel nome di Gesù è come un piccolo seme che piano piano fa fermentare la massa. Ce l’ha confermato proprio domenica scorsa il profeta: “È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mentisce; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà: Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede” (Ab 2,3-4). Hanno ragione questi barellieri, queste Dame, sempre pronti a sorridere e ad offrire sostegno, fatica, affetto, uno spaccato di Vangelo che continua nel tempo e nutre speranza e fiducia. Le disgrazie, i terremoti, come le malattie, non sono il volto di Dio, ma possono essere l’occasione anche favorevole per scoprire il volto di Dio nei terremotati e nei sofferenti; un’occasione di grazia per scoprire il senso della vita e della propria missione. Aiutiamo i nostri ragazzi ad incontrare e a curare gli ammalati, a spendere buona parte del loro tempo libero accanto a chi, nella solitudine, non vede più trascorrere il tempo e non sa più che cosa sia un sorriso. Il Vangelo, la vita cristiana, comincia e continua da qui. A Lourdes o a Loreto, come in ogni santuario mariano, la Madonna ci conferma la meraviglia di questo stile: si comincia con il segno della croce con Bernardetta, per dare poi tutto ciò che siamo e abbiamo in perfetta letizia, molto più contenti di quando pensavamo solo a organizzare pazzamente il nostro fine settimana. Grazie, Unitalsi.
Grazie all’Unitalsi
Parola di vescovo
AUTORE:
† Giovanni Scanavino