Sono evidenti le contraddizioni della crisi in Umbria: la Regione destina 100 mila euro per il Fondo di solidarietà istituito dalla Conferenza episcopale umbra per aiutare famiglie e persone povere. Intanto l’Istat rende noto che, a livello italiano – e quindi anche di rimbalzo anche in Umbria – nel 2013, sul fronte del turismo, c’è stata una diminuzione di pernottamenti nelle diverse attività ricettive con una percentuale che si attesta, più o meno, attorno al 20 per cento. In una realtà, come l’Umbria, che si nutre molto di turismo, l’impatto è evidente. Grida d’allarme – la più recente è degli artigiani – si susseguono da parte delle varie associazioni di categoria, per la chiusura secca di attività.
In questo contesto l’Adoc (Associazione nazionale per la difesa e l’orientamento dei consumatori e degli utenti) pubblica un’indagine sui consumi in Umbria in occasione della prima Giornata nazionale contro gli sprechi alimentari. “Ogni famiglia, in media – spiega in una nota -, spreca il 7% della propria spesa alimentare, pari a circa 480 euro l’anno. A pagare dazio sono soprattutto i prodotti freschi (36%) e il pane (18%)”.
Per Adoc “è fondamentale ridurre gli sprechi, puntando in primis sull’educazione alimentare. In questo momento di crisi è assurdo pensare che il 7% di quanto si spende per la spesa alimentare vada sprecato, è necessario investire sull’educazione alimentare. A fine anno il conto di quanto si è sprecato ammonta a poco meno di 480 euro, quasi l’equivalente di un mese di spesa, considerando che una famiglia composta da due adulti e un bambino spende in media 570 euro al mese per il proprio fabbisogno alimentare. Il 36% dei prodotti che si buttano sono quelli freschi, come latte, uova e carne; tra i prodotti più sprecati troviamo il pane (18%), frutta e verdura (16%) e prodotti in busta. Il motivo principale per cui si spreca è l’eccesso di acquisto generico o per eccesso di acquisto per offerte speciali. Va però detto che la percentuale di sprechi è andata diminuendo nel tempo: basti pensare che 5 anni fa in Umbria veniva gettato nel cassonetto il 13% circa della spesa. Uno dei tanti mutamenti delle abitudini d’acquisto da parte delle famiglie, sempre più orientate nel coniugare risparmio, tradizione e qualità”.
L’associazione dei consumatori ha ricordato che si è registrato “un incremento dell’acquisto di prodotti a chilometro zero pari al 17%, sia per un discorso legato alla territorialità e alla qualità che per ragioni di sostenibilità ambientale.
Un fenomeno rilevante, cresciuto enormemente nel corso degli anni, sono i Gas (Gruppi d’acquisto solidale). Negli ultimi anni sono aumentate del 20% le famiglie che, almeno una volta, hanno partecipato a tali gruppi d’acquisto, destinando in media il 5,6% della spesa alimentare. Gli umbri non cambiano abitudini solo a tavola, ma anche al momento dell’acquisto. Rispetto al 2001 la percentuale di famiglie che ha sceglie di fare la spesa presso i discount è aumentata del 40%, a discapito dei super e ipermercati, mentre nell’ultimo biennio stiamo assistendo a una ripresa dei mercati agroalimentari, in crescita del 12%”.