I risultati della ricerca promossa dall’Istituto Teologico di Assisi sono stati presentati da Paolo Montesperelli, professore di sociologia nello stesso Istituto. Si è trattato di una ricerca esplorativa volta a fotografare sulla carta la situazione attuale delle presenze religiose che non si richiamano al cristianesimo nella regione e a tracciare una mappa che tenga conto della loro consistenza quantitativa, del tipo di attività da essi svolte e della conoscenza che di essi si può ricavare attraverso la documentazione che producono. La ricerca non ha tenuto conto dei gruppi per i quali non è stato possibile trovare una adeguata documentazione pubblica (Massoneria, gruppi magico-occulti, satanismi, culti afro-brasiliani e tribali). Con il metodo della “triangolazione”, incrociando cioè fonti di informazione diverse, sono stati localizzati 56 gruppi in 22 luoghi diversi (di questi ben 15 nel territorio di Assisi) con una vita media di 13 anni per quelli di ispirazione buddista e di 9 anni per quelli di matrice esoterica. Il 90% non ha rapporti con le altre aggregazioni ma vive la propria esperienza in condizioni di isolamento inteso come salvaguardia e tutela della propria identità. Sono stati catalogati 127 documenti (libri, manifesti, volantini, portali e siti internet, corredo iconografico) tutti di datazione recentissima (anni 2000 – 2001- 2002), dove le parole chiave, in dimensione semantica, raramente riguardano il dialogo e la prospettiva di universalità, molto più spesso la pace, l’armonia, il benessere psicofisico, l’energia. I gruppi presenti da più tempo sono quelli buddisti (media di 13 anni), mentre i più recenti sono gli esoterici e islamici (media 9 anni); nell’insieme non prevale in maniera determinante nessuna religione (islamica 11%, buddista 9%, esoterica 13%, ispirazione induista 19%, orientale non induista né buddista 13%, altra 35%). L’attività prevalente è costituita da meditazione e ritiri spirituali, incontri pubblici, momenti rituali ed esercizi psicofisici; soltanto il 9% dei gruppi dichiara di avere collegamenti con altre aggregazioni, laiche, cristiane o di altra religione. Sul piano della documentazione prodotta il mezzo prevalente rivolto a potenziali simpatizzanti è quello che tende a suscitare emozioni, passioni e sentimenti, utilizzato nel 46% dei documenti presi in esame. Nel complesso, queste nuove presenze religiose sono espressione del più ampio fenomeno della globalizzazione: “non sono arcaicismi esotici”, ha precisato Montesperelli, “ma espressione del moderno e del post-moderno, caratterizzate dall’accettazione del progresso storico, del progresso tecnologico, dall’integrazione fra scienza e spiritualità e dal pluralismo culturale”. Secondo lo studioso le credenze religiose sono frutto di scelta e non di tradizione e si caratterizzano per un certo sincretismo (ad esempio, il 15% degli italiani, e il 21,7% dei giovani, crede nella reincarnazione). Relativamente all’Umbria la ricerca ha evidenziato una religiosità molteplice e diffusa e una competizione fra offerte di spiritualità diverse. Le nuove esperienze religiose sono organizzate né come istituzione, né come setta, ma si qualificano come rete a sfondo mistico e spirituale. Spesso non ci troviamo di fronte a una vera e propria conversione, ma come passaggio da una religione all’altra. Più che singoli movimenti organizzati si afferma un clima culturale, una “tinta spirituale” che entra nello stile di vita di molti individui. La secolarizzazione, dunque, viene vista non solo come declino di rilevanza della religione, ma anche come spostamento di consenso e destrutturazione della tradizione culturale cattolica.
Gli umbri cambiano “tinta spirituale”
AUTORE:
Andrea Czortek