Qualcuno in televisione martedì sera se l’è presa con le “associazioni caritatevoli” che provocherebbero l’afflusso di immigrati clandestini e senza regola. Opinione diffusa anche tra la gente che ha avuto esperienze negative con persone da cui hanno ricevuto danni, inganni e delusioni. Per questo molti desiderano che la legge sia severa e rigorosamente rispettata. Come dare loro torto? La tranquillità della vita vale più di ogni altra cosa. Quando si sa che le carceri sono colme di immigrati che hanno commesso qualche trasgressione, soprattutto nello spaccio di droga e quando l’esercizio della prostituzione è svolto soprattutto da straniere provenienti da paesi poveri o a basso livello di sviluppo economico (a prescindere per ora se siano schiave o libere) non c’è alcuno che non possa reclamare una legge che regoli i flussi in modo che l’immigrazione avvenga nel rispetto di diritti e doveri. Insomma una immigrazione che possa avere i crismi della legalità e della vicendevole utilità. Le “associazioni caritatevoli” non da oggi chiedono leggi giuste e certe. Ma, a questo punto, ci si deve chiedere perché queste leggi, nel tempo e sotto i vari governi, non siano venute fuori. Si è preferito fare delle sanatorie, attraverso le quali spesso si sono avvantaggiate persone che non meritavano. Oppure si tengono in casa dei personaggi in attesa di processo (e si sa quanto durano i processi). Il problema è serio e difficile e soprattutto affrontato con ottiche diverse che vanno dal troppo rigido al troppo elastico. Il problema quindi è nostro, della nostra società, della sua organizzazione, della sua cultura, della gestione politica. Gli immigrati spingono in una certa direzione e talvolta hanno ragione, come quando lavorano con contratto regolare e pagano le tasse e pertanto devono considerarsi portatori anche di diritti, talvolta hanno torto, quando vogliono imporsi con pretese che vanno al di là delle regole, come l’occupazione abusiva di edifici, il commercio abusivo senza permessi e quindi senza tasse, occupazione di suolo pubblico. O anche quando pretendono di imporre una loro cultura in contrasto con quella del luogo in cui sono ospiti. Un amico mi ha raccontato che ha invitato a casa sua a cena una famiglia di un certo paese di religione musulmana per fare un gesto di amicizia in questo periodo in cui è diffuso una certa xenofobia ed ha avuto come risposta che avrebbero accettato purché le donne fossero state in una stanza diversa da quella degli uomini. La cena è naturalmente saltata. E’ un esempio di quanta strada si deve fare da un lato e dall’altro ed è un cammino di carattere culturale. Un’altra persona mi ha raccontato quasi con le lacrime agli occhi che la sua donna di servizio, in regola, debitamente pagata e con in più vitto e alloggio, dopo due anni di lavoro con soddisfazione reciproca si è licenziata. Preferisce fare le notti in ospedale. Guadagna di più. Che significa? Una persona può fare per la vita un mestiere di assistenza notturna? Il fatto è che questa persona non è integrata, sta qui per un tempo determinato in cui vuole un guadagno massimo in un periodo breve per ritornare a casa sua dove magari ha famiglia e figli. Ho visto invece la gioia di una donna africana molto brava (ha assistito anche mia madre) che dopo anni ha avuto finalmente una casa popolare dal comune. Era felice e sarà un elemento prezioso per la nostra comunità che ha bisogno di elementi come lei. Sono esempi in negativo e in positivo per dire che si deve trovare il giusto mezzo, la convivenza, la comprensione, la ricerca dell’incastro tra domanda e offerta, senza inutili irrigidimenti, nello sforzo di far coincidere le esigenze legittime delle persone e dei gruppi sociali. Il problema della mobilità delle masse umane è più grande di quanto si possa immaginare e non potrà essere risolto da nessun governo. Può essere però gestito e governato nel modo migliore se sarà costruita una cultura del rispetto vicendevole delle persone e delle regole comuni tenendo bene in mente alcune evidenze: noi abbiamo bisogno degli immigrati, gli immigrati hanno bisogno di noi, le regole valgono per tutti, gli immigrati sono persone umane come noi.
Gli immigrati, la legge e noi
AUTORE:
Elio Bromuri