di Pier Giorgio Lignani
È successo poco più di un anno fa vicino a Verona. Due ragazzi minorenni, uno di 13, uno di 17 anni, per divertirsi decidono di fare un dispetto a un poveraccio, un immigrato senza casa e senza lavoro, che dorme dentro una vecchia macchina abbandonata. Danno fuoco ad alcuni pezzi di carta e li buttano dentro.
Ma le cose scappano loro di mano: la macchina si incendia, il disgraziato che sta dentro non riesce a scendere e fa una morte orribile. Segue il processo a carico dei due ragazzi. Ma uno dei due al momento del fatto aveva meno di 14 anni e quindi, secondo la legge, era “incapace di intendere e di volere” e non può essere processato. Per l’altro valgono le leggi speciali della giustizia minorile, le quali mettono al primo posto la rieducazione.
Veniamo così al fatto di questi giorni. Il giudice partendo dalla considerazione che non c’era stata volontà di uccidere ma solo una sbadata cattiveria – decide di sospendere il giudizio e di “mettere alla prova” per tre anni il ragazzo. Vivrà, come già ora sta facendo, in una comunità protetta, studierà e passerà il suo tempo libero dedicandosi a servizi sociali. Se alla fine meriterà un giudizio positivo, sarà libero. Una decisione umana ed equa, si direbbe.
Anche perché, una volta escluso che la morte fosse voluta, la pena per il minorenne sarebbe stata poco più che simbolica. Però si è levato contro il giudice un coro di critiche e di insulti guidato dai parenti della vittima. Qui bisognerebbe ricordare che, secondo un certo punto di vista, la civiltà è apparsa sulla faccia della Terra quando si è stabilito che non siano i parenti del morto a decidere la pena per l’uccisore, perché giustizia non vuol dire vendetta.
Pochi giorni fa, a Città di Castello abbiamo sentito una concittadina divenuta giudice penale a Milano raccontare le sue esperienze – fatte per volontariato – nel guidare la riconciliazione fra i colpevoli e le loro vittime. Una strada difficile, che solo pochi possono percorrere; ma a quelli che ci riescono, guarisce il dolore sofferto.