Giuseppe, un giusto modello

Commento alla Parola della Domenica

AltareBibbiaLa Parola di Dio della domenica che precede il santo Natale è tutta caratterizzata dall’annuncio dell’imminente nascita: ben quattro volte ci fa infatti ascoltare che la vergine concepirà e darà alla luce un figlio (Is 7,14; Mt 1,23). Tuttavia, a dominare la scena dei ‘preparativi’ del bell’evento è l’uomo Giuseppe. Di Giuseppe si mettono in luce diversi aspetti: è sposo di Maria, è giusto (dikaios in greco vuol dire anche santo, pio), ottiene rivelazioni divine da parte di un angelo in sogno, gli viene confermata la parola dei profeti, è solerte nell’eseguire la volontà di Dio. Dal lungo elenco di nomi maschili – a partire da Abramo fino a Giuseppe – che leggiamo nel brano evangelico che precede il nostro, si evidenzia anche la sua appartenenza al casato di Davide, di colui a cui fu rivolta la promessa divina: “Susciterò un tuo figlio dopo di te… io sarò suo padre, ed egli sarà mio figlio”. Quindi un uomo di origine nobile, impegnato in un lavoro dignitoso ma modesto, qual è quello del carpentiere. Ebbene, quest’uomo, di cui è subito specificato che non è il padre di Gesù (la genealogia si interrompe quando di lui viene detto che è “lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù”), è modello dell’uomo di ogni tempo; e la Parola di Dio ne delinea i motivi. Giuseppe anzitutto è presentato come sposo Maria, e non ‘fidanzato’, perché, seppure la vicenda del concepimento di Maria avvenga nella prima fase del matrimonio (fase che secondo la tradizione giudaica non prevedeva ancora la convivenza), tuttavia dal punto di vista legale i due risultavano coniugati a tutti gli effetti, con le dovute conseguenze in caso di vedovanza o adulterio. E qui sta la giustizia di Giuseppe, che intende salvare l’onore di Maria perché l’innocenza di una vita vale più della vita stessa. Infatti il verbo greco “esporla a diffamazione” chiarisce ancor più la delicatezza dei sentimenti del cuore di quest’uomo, senza dubbio innamorato, che, prima ancora che salvare una donna dalla lapidazione (Dt 22,20), la vuole proteggere dalla malizia altrui che sarebbe stata la peggiore delle umiliazioni. E che Giuseppe sia un uomo speciale lo conferma la presenza angelica, il quale lo rassicura con l’imperativo “non temere! ”che nella sacra Scrittura viene usato 365 volte (come a garantire la Sua presenza sempre!), e lo informa che Dio gli donerà molto più di quanto ha pensato in cuor suo, perché “ciò che è generato in lei viene dallo Spirito santo”.

 

Tutto ciò ci fa prendere consapevolezza che Giuseppe non è il ‘vecchietto’ passivo, con un bastone fiorito in mano, che funge solo da custode. È colui che, di fronte a una insolita e delicata questione familiare, ha pensato, si è confrontato con la Parola di Dio e ha preso quelle che gli sembravano essere le più “giuste” decisioni. A questo punto, poiché il Mistero è davvero grande, l’angelo istruisce Giuseppe suggerendogli due cose concrete da fare: prendere con sé Maria e dare il nome al Figlio. Dovremmo calarci profondamente nella cultura semitica per comprendere quanto sia importante “dare il nome”, avere la paternità legale. La Mishnà a proposito dichiara: “Se un uomo afferma: ‘Questo è mio figlio’, deve essere preso in parola” (Baba Bathra, 8,6). Quanto viene chiesto a Giuseppe è quindi davvero sconvolgente. E l’angelo sta comunicando con un uomo che dimostra di conoscere la Legge, pertanto gli comunica anche i motivi dell’evento: il frutto del concepimento di Maria viene dallo Spirito santo, Gesù salverà il suo popolo dai suoi peccati. Il nome di Gesù contiene il significato della sua missione (nomen, omen), “il Signore salva”, con la specificazione che salverà “il suo popolo dai suoi peccati”. A questo punto nel brano si interrompe il discorso diretto e, in forma narrativa, l’autore sacro si rivolge ai lettori – probabilmente giudei convertiti al Vangelo – per confermarli nella fede in Gesù, Messia annunciato dal profeta Isaia: “Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele”. Nel seguito del brano è specificato che, quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa. “Ancora una volta, Giuseppe ci viene qui presentato molto concretamente come ‘uomo giusto’: il suo essere interiormente vigilante per Dio – un atteggiamento grazie al quale può accogliere e comprendere il messaggio – diventa spontaneamente obbedienza. Se prima aveva fatto congetture con le proprie capacità, ora sa che cosa deve fare come cosa giusta” (Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, 57). È un uomo che ascolta e agisce: è il vero giudeo, colui che “nella legge del Signore ha riposto la sua gioia” (Sal 1,2) e perciò la asseconda. Cosa apprendiamo da Giuseppe? La sua capacità di ascolto, il suo dinamismo, la tenerezza per la sua sposa, il suo amore di padre, la sua castità vissuta come disponibilità a Dio che lo uguaglia a Maria. Per cui, “egli la prese in tutto il mistero della sua maternità, la prese insieme con il Figlio che sarebbe venuto al mondo per opera dello Spirito santo: dimostrò in tal modo una disponibilità di volontà, simile a quella di Maria, in ordine a ciò che Dio gli chiedeva per mezzo del suo messaggero” (Redemptoris custos, 3).

 

AUTORE: Giuseppina Bruscolotti