Credo che le parole con cui si apre l’annuncio della morte di Giovanni Meli sul manifesto fatto affiggere dai familiari delineino compiutamente l’amico che ci ha lasciato: “Uomo giusto, degno della vita alla quale Dio lo ha chiamato”. Sono in gran parte parole tratte da San Paolo, dalla preghiera di invocazione per i membri della comunità di Tessalonica, ma si addicono perfettamente a Giovanni, che ha vissuto in modo veramente degno la sua esistenza e il rapporto con tutte le persone che ha incontrato nel suo cammino. Una coppia di amici, che aveva con lui condiviso l’esperienza del recente pellegrinaggio in Terrasanta e lo aveva conosciuto in quella occasione, ha scritto in una email: Giovanni “era portatore di buonumore e di una saggezza che conforta”: ancora una notazione che efficacemente ne tratteggia carattere e personalità. Quella saggezza umana e cristiana che da Lui emanava Giovanni aveva iniziato ad apprenderla nella famiglia di origine, in Sicilia, nel clima quotidiano alimentato dalla madre ma soprattutto dal padre, per il quale Giovanni ha conservato fino all’ultimo una ammirata venerazione, Alla personalità di Giovanni contribuì certamente anche l’ambiente cristiano della sua parrocchia, l’Annunziata di Comiso: si definiva un “nunziataro” che aveva avuto la fortuna di ritrovare poi, lontano dalla sua terra, molte occasioni di crescita spirituale in luoghi dedicati alla Santissima Annunziata, fino all’ultimo incontro nella basilica di Nazareth con l’affresco di Salvatore Fiume, suo concittadino nunziataro!
Poi il trasferimento decisivo a Perugia per gli studi universitari, la frequentazione della FUCI, allora in piena vitalità, l’immersione in un ambiente ricco di stimoli anche di natura politica, ai quali fu particolarmente sensibile, l’apertura di nuovi orizzonti culturali e spirituali. E in questo ambiente l’incontro con Elisabetta, con la quale costruirà la sua nuova famiglia che lo radicherà per sempre in Umbria. Una donna intelligente e fedele, che gli darà tre figli, con Giovanni teso a riattualizzare il modello paterno arricchito della sua nuova sensibilità e maturato dalle nuove esperienze; una famiglia in un certo senso ancora patriarcale ma nel rispetto dell’autonomia e della libertà dei nuovi nuclei, che pure amava radunare insieme quasi ogni domenica intorno alla tavola festiva.
Giovanni è stato anche uomo di scuola, per anni professore di discipline artistiche, aveva la passione del ceramista. Poi fu Preside a Gubbio, sempre amato, come quando era insegnante, dagli allievi che sapeva accostare con simpatia e attenzione personali, e benvoluto dai colleghi. Fu un generoso animatore culturale.
Negli anni andò maturando l’esperienza sempre più consapevole di un cristianesimo vissuto, nella cerchia di don Elio Bromuri al quale rimase sempre molto legato, alla cappella universitaria, al centro ecumenico, ma anche, soprattutto negli ultimi anni, nell’Istituto Conestabile-Piastrelli con don Fausto Sciurpa e molti nuovi amici ai quali non faceva mancare la sua attiva e partecipata presenza. In questi ambienti rafforzò molto la sua consapevolezza civica con attenzione alla città e alle sue problematiche. La sua ferma fede cristiana non era ripiegata su una pietas individuale ma si faceva col passare del tempo sempre più aperta. Ammiratore di papa Francesco, Giovanni aveva ormai sviluppato una particolare sensibilità per chi fosse in difficoltà, sia localmente sia in orizzonte più ampio, come ad esempio nei confronti delle sofferenze attuali dei migranti, ai quali ha voluto dedicare le ultime sue. Ancora una volta ho ritrovato applicabili perfettamente a lui le parole di san Paolo nella preghiera che ho prima citato: “Dio vi aiuti a realizzare i vostri desideri di fare il bene…”; Dio certamente lo ha aiutato e lui ha fatto tutto quello che poteva per assecondarlo.
Era qui la sua testimonianza cristiana che mi colpiva: sempre serena, sempre dialogante, sempre da uomo di pace a tutti i costi. Disponibile a servire, come per anni ha fatto ad esempio nel circolo di Ponte d’Oddi o nell’Alef. Era l’amico sincero e disinteressato di cui ci si poteva fidare, l’amico che non pesava ma sollevava e rallegrava. Abbiamo percepito tutti l’armonia del suo matrimonio, con la sua famiglia unita e con Elisabetta sempre al suo fianco per appoggiarlo, per stimolarlo, per sostenerlo, specialmente in questi ultimi giorni di grande difficoltà e per lei di silenzioso dolore.
Sentiremo tutti, credo, la sua assenza fisica. Sarà difficile percorrere le strade e frequentare i luoghi in cui eravamo soliti incontrarlo, lui con il suo cappello a falde e con il sigaro in bocca mentre ci guardava sorridente dietro le lenti, e convincerci che quell’incontro non avrà più luogo in quei contesti; avremo ancora a lungo dentro di noi l’eco della sua voce, del suo saluto, delle sue battute, del suo sorriso. Ma soprattutto lo avremo sempre presente come amico “degno della vita alla quale Dio lo ha chiamato”.
Giovanni Meli, l’uomo giusto pianto dagli amici
Il cordoglio per la morte del professore
AUTORE:
Gianfranco Maddoli