Il cammino dell’Avvento continua, e per due domeniche di seguito ci presenta la figura del Battista. Oggi la liturgia segue il passo di Marco, domenica prossima leggeremo l’interpretazione che di questa figura dà il Vangelo secondo Giovanni. Tutti e tre i Vangeli sinottici, quindi, ma anche il quarto Vangelo, concordano nell’aprire la narrazione della storia di Gesù facendola precedere da Giovanni, il “Battezzatore”‘. Vediamo alcuni aspetti dei sinottici sulla figura del Battista, dedicando alla lettura del quarto Vangelo il prossimo commento. In Marco, addirittura, il Battista inaugura il Vangelo, subito dopo il titolo. La sua persona è associata ad una citazione di Isaia, che ha lo scopo di mostrare come la venuta del Battista è in sintonia col piano di Dio annunciato dai profeti: “venne/avvenne Giovanni il Battezzatore come era stato scritto in Isaia”‘: la Parola di Dio si realizza.
Matteo aggiunge una precisazione sul tempo in cui il Battista compare: “in quei giorni” (Mt 3,1). Vi è un collegamento vago con quanto poco sopra ha raccontato l’evangelista (e cioè i suoi racconti dell’infanzia), ma forse c’è anche un rimando a Geremia 31,33 (“Ecco verranno giorni, dice il Signore, nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una nuova alleanza”): i giorni di cui si parla sarebbero quelli del tempo escatologico, e quindi nella teologia di Matteo il Battista è il compimento del tempo della salvezza. Il Vangelo secondo Luca presenta invece il Battista alla maniera profetica: come già Marco, anch’egli usa il verbo avvenne. Ma ad accadere questa volta – rispetto a Marco – è la parola/il fatto/l’evento di Dio: “accadde la Parola su Giovanni” (Mt 3,2). Il luogo in cui compare Giovanni è identico per tutti e tre i sinottici. Si tratta del deserto. C’è un articolo determinativo in tutte e tre le descrizioni che precede la parola “deserto” (nel deserto: Mt 3,1; Mc 1,3; Lc 3,4); forse vuole dare un’idea di un luogo preciso, probabilmente poco lontano dal Mar Morto, forse nelle zone tra Gerico e il sito di Qumran. Era da lì, come è scritto nel Secondo libro dei Re (2 Re 2,5ss.), che Elia era salito al cielo: forse da lì – si credeva – Elia sarebbe tornato.
Il quarto Vangelo, invece, precisa meglio un luogo, sempre vicino al Giordano, dove il Battista predicava e battezzava, Betania, di cui diremo nel prossimo commento. In tutti e tre i sinottici – ma anche nel quarto Vangelo – per presentare il Battista viene ripreso un versetto dal profeta Isaia, 40,3 (in Luca è più esteso: Is 40,3-5): “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!”. Il significato della scelta di questo brano, l’abbiamo detto sopra, è che la storia della salvezza si realizza nel piano di Dio già annunciato nella Scrittura. Giovanni è colui che prepara la strada al Messia, è la voce profetica che chiede di tenere gli occhi aperti per scorgerne il volto, quando arriva. Come vedremo, è proprio su questo punto che la teologia del quarto Vangelo più si distingue da quella dei sinottici, nel momento in cui il Battista lì non si limita ad annunciare, ma arriva ad indicare il Messia, l’Agnello di Dio.
Ma il Vangelo di Marco, che leggiamo in questa domenica, in verità non si limita a riprendere Isaia, aggiunge anche un’altra profezia, includendola però nell’introduzione “come è scritto nel profeta Isaia”; ad alcuni copisti antichi, imbarazzati, non è sfuggito il problema, tanto che hanno cambiato in “come è scritto nei profeti”, al plurale. La profezia dice: “Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparerà la strada” (Mc 1,2), ed è tratta da Malachia 3,1; letta per esteso, dice così: “Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore, che voi cercate; l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, ecco viene, dice il Signore degli eserciti”. Questa profezia, che Matteo e Luca useranno più avanti nel Vangelo (in quelle discussioni circa il ruolo del Battista, cfr. Mt 11,10; Lc 7,27), serve a Marco per porre una domanda: se il Battista è il messaggero, cioè Elia, allora chi è Gesù? La risposta nei sinottici viene ovviamente dalla lettura del seguito dei Vangeli.
In particolare, è data attraverso l’episodio che segue quello della presentazione del Battista, e cioè il battesimo di Gesù, dove Gesù è visto come il Figlio “speciale”, particolare di Dio. Ecco che comprendiamo come, al di là di quello che effettivamente ha detto/fatto Giovanni, e al di là del suo rapporto con Gesù, “la tradizione evangelica si interessa a Giovanni solo in funzione subordinata al suo intento, che è quello di presentare l’attività di Gesù” (Fabris). Giovanni, insomma, è solo un profeta (un messaggero) che annuncia: Gesù è molto di più. Abbiamo bisogno ancora di Giovanni, servono anche oggi profeti.
Nel nostro mondo che cambia così velocemente, nella nostra opulenta società scristianizzata, per arrivare a Gesù è ancora necessario che qualcuno ce lo presenti con la sua vita e la sua testimonianza, con l’esempio e le sue parole. Quel sistema che fino a qualche tempo fa reggeva, fa fatica ad andare avanti, e ora ci troviamo a dover ripensare la trasmissione della fede in questo tempo così delicato. Prima di Gesù, è venuto uno che invitava alla teshuvah, a ritornare a Dio: Dio ci aiuti ad ascoltare la voce di chi, come il Battista, ancora grida nei nostri deserti.