È il titolo del capitolo 2 degli Orientamenti pastorali Cei Educare alla vita buona del Vangelo. È Gesù stesso che si attribuisce questo titolo in modo diretto, contrapponendosi agli scribi e ai farisei: “Voi non fatevi chiamare rabbì, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli” (Mt 23, 8). Provo a evidenziare le caratteristiche della pedagogia di Gesù che lo rendono unico maestro. Gesù non “sale in cattedra”, anzi si mette all’ultimo posto e inizia ponendosi in ascolto. Rivolge delle domande per far emergere quello che si nasconde nel cuore dell’uomo. Ai suoi primi due discepoli chiederà: “Che cosa cercate?” (Gv 1,38). Domanda che richiama quella rivolta alla Maddalena quasi alla fine del Vangelo: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?” (Gv 20,15). Così ai discepoli di Emmaus, ai suoi che discutono su chi fosse il più grande, alla samaritana, a Nicodemo. Gesù entra in profonda empatia con la persona che incontra: in modo totalmente accogliente, diretto, personale, senza pregiudizi, offrendo più comprensione a chi ne ha più bisogno, senza mai giudicare e mai condannare. Si veda l’incontro con Matteo, Zaccheo, la donna peccatrice, il ladrone. L’altro si sente accolto, amato, compreso, benvoluto. Gesù invita alla sua sequela, a stare con lui, a entrare nella sua compagnia e amicizia. “Venite e vedrete… Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui” (Gv 1,39). Il suo rapporto con il discepolo non è intellettuale, ma esistenziale, coinvolgente l’intera persona: mente, cuore, sentimenti, vita. Il discepolato consiste fondamentalmente in un’esperienza d’amore: sentirsi amati e imparare ad amare alla maniera di Gesù. “Rimanete nel mio amore… Amatevi come io vi ho amato” (Gv 15,9.12). Gesù nei brani evangelici delle cinque domeniche di Quaresima ci si presenta come Maestro nel vincere le tentazioni, nel rivelarci la bellezza divina che siamo chiamati a contemplare, nell’offrirci l’acqua viva della sua Parola, nell’illuminare gli occhi del corpo e dell’anima, nel farci passare dalla morte alla vita coinvolgendoci nella sua Pasqua. Gesù è il Maestro-Amico che dona tutto se stesso a noi: lava i piedi dei suoi, si fa mettere in croce, si fa pane per sfamare il nostro bisogno di Lui. Una relazione di totale dedizione e di amicale confidenza che non annulla libertà e responsabilità, anzi le esalta in modo straordinario, sia perché Gesù agisce solo per amore, sia perché provoca reazioni impegnative. In ogni caso il Maestro Gesù mette in atto nella forma più compiuta tutto quel che dice e insegna. La Pasqua è il momento culmine di tutto il suo insegnamento. “E io quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me” (Gv 12,32). I santi hanno fatto proprio il Vangelo di Gesù, interpretandolo alla luce della Pasqua. Possiamo ben dire che Gesù è venuto a insegnarci l’Amore. Semplicemente perché Dio è Amore e l’uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio, di Amore ha bisogno. Dell’Amore che non è puro sentimento o filantropia, bensì Spirito santo, Amore del Padre e del Figlio, capace di trasformare la mente, il cuore e la vita nell’ottica del dono totale di sé. “Si è più beati nel dare che nel ricevere” (At 20,35). Gesù, il Maestro, non solamente ci “insegna”. Egli ci dona il suo Spirito che rende la nostra vita simile alla sua, tirandoci dentro il mistero della sua Pasqua.
Gesù, il maestro
Parola di Vescovo
AUTORE:
Domenico Cancian f.a.m.