di Daris Giancarlini
Mia madre, da piccolina, stava giocando con la sua cuginetta preferita. Questa fa qualcosa di sbagliato e la mamma le dà un ceffone; la cuginetta piange. Arriva mia nonna e, per una sorta di ‘par condicio’ educativa e a prescindere, assesta una sberla anche a mia madre, dicendole: “Piangi anche tu”. Me l’ha raccontata diverse volte, questa storia, quando discutiamo di differenze educative tra i genitori di una volta e quelli di oggi. Quelli che, in quantità rilevante rispetto alla totalità al liceo Virgilio di Roma, hanno difeso strenuamente e senza avanzare un minimo di dubbio il comportamento dei propri figli. Tutto questo dopo filmati – finiti in Rete – di sesso consumato tra i banchi, consumo di sostanze stupefacenti alla luce del sole e persino una bomba carta lanciata in cortile. La preside ha provato, senza successo, a farsi sentire, perfino chiamando i carabinieri: adesso gran parte dei genitori di questo liceo della buona borghesia romana chiede che i propri figli vengano trasferiti in scuole più ‘tranquille’. È una soluzione che non risolve il problema: che è quello, credo, di una condizione genitoriale in crisi d’identità, in parallelo con la perdita di autorità delle istituzioni scolastiche, in una fase storica e sociale in cui i tradizionali punti di riferimento stanno, tutti, pagando un prezzo altissimo sull’altare della messa in discussione di qualsiasi tipo di autorità. La parola chiave, per tutti, sembra essere diventata ‘credibilità’; mentre tutti coloro che vogliono scalare posizioni hanno individuato proprio nella messa in discussione della credibilità altrui il modo per farlo nella maniera più veloce ed efficace. In mezzo a questo pericoloso e autolesionistico scontro, le nuove generazioni rischiano di essere lasciate andare alla deriva. Certo, dall’epoca in cui i maestri elementari diventavano a tutti gli effetti il “terzo genitore” dei ragazzi, tempo ne è passato tanto. E tanti sono stati i ricorsi al Tar dei genitori contro le bocciature.
Fermiamo questa spirale, prima che i nostri ragazzi ne paghino conseguenze troppo pesanti. E con loro, tutti noi.