Fratel Carlo, perché il deserto?

Spesso si dice – ed è esatto – che l’Umbria è una terra di santi, mistici, monaci e ci riferiamo sempre ai grandi del passato. Non tutti invece conoscono santi più vicini e attuali, santi del nostro tempo, sepolti sotto le zolle nella nostra terra. Ho avuto occasione domenica scorsa (vedi articolo a pag. 11) di visitare l’eremo di San Girolamo a Spello, sotto la pioggia. Mi sono intrattenuto per alcuni minuti, con l’ombrello aperto, davanti alla tomba di fratel Carlo Carretto, posta accanto a quella di fratel Ermete: due pietre bianche con su solo il nome e una croce. Fratel Carlo è conosciuto e amato da molti in Italia e nel mondo. Si dice che sia l’autore religioso italiano che ha prodotto e venduto il maggior numero di libri nel secolo scorso.

Moltissime persone ne conservano il ricordo con entusiasmo e lo considerano un maestro e una guida. Altri nutrono nei suoi confronti qualche riserva, a causa di scelte difformi dalle linee ufficiali della gerarchia cattolica. La libertà di coscienza è un carattere che egli ha conservato anche quando gli procurava sofferenza. Rifuggiva ogni forma di ipocrisia e accomodamento. A suo modo, una forma di intransigentismo, che fin da giovane lo portò ad abbandonare i Salesiani perché – come raccontò in una confidenza al prof. Fausto Santeusanio durante la sua ultima malattia – nel collegio, durante la messa, ai ragazzi facevano recitare il rosario mentre il sacerdote celebrava per conto suo. Ma la sua libertà di coscienza l’ha dimostrata nella scelta del “deserto” abbandonando la guida e ogni impegno nell’Azione cattolica e nella vita dell’apostolato laicale. Un colpo di testa? Un’improvvisa chiamata di Dio? Una fuga? Una plateale contestazione? Una forma di individualismo devoto? Tanto si è detto e scritto. Paolo Trionfini, studioso serio di questo suggestivo personaggio, ha sciolto i nodi dicendo che non si trattava d’altro che di amore totale e assoluto: “innamorato di Dio”. In lui Dio ha sempre vinto. Ciò che delinea meglio il suo stato spirituale è il versetto del Salmo 130 (131): “Come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, così è l’anima mia”.

A questo punto gli interrogativi si compongono in un quadro più ampio e profondo, che non spetta a noi qui descrivere. Si pone invece la questione se anche prima, quando era al più alto vertice del cattolicesimo italiano, alla guida di un popolo di giovani pronti come “esercito all’altar” per la difesa della fede e dei valori cristiani, per il bene della società e la difesa contro il materialismo ateo, fosse ugualmente “innamorato di Dio”. Ma certamente. Come dubitarne? Molti di noi, tuttavia, allora non compresero. Nella scelta del deserto e dell’abbandono della dura lotta quotidiana sembrò adombrarsi, da parte di chi rimase ad operare in trincea alla difesa della cittadella cristiana in pericolo, una specie di tradimento. Chi ha avuto ragione? È facile dire che le scelte fatte per amore, alla luce dello Spirito, sono dono di libertà, segno di maturità e di vita. Ma, oggi più che mai, riandando al passato con discernimento, si deve dire che il deserto di fratel Carlo ha aiutato molti a non perdere l’anima dietro alle lusinghe della politica e del successo, nutrendosi di silenzio e di Parola. Ma altresì che l’impegno di chi si è sporcato le mani ed ha rischiato di perdersi dietro le lotte politiche, anche dando la vita come Moro, ha consentito l’esercizio della profezia, insieme alla tenuta delle istituzioni democratiche di un intero Paese.

Elio Bromuri

AUTORE: Elio Bromuri

2 COMMENTS

    • Grazie a te Giuliana, che ci segui. Fratel Carlo mi ha rimesso in mente idee e riflessioni che con la presente situazione della Chiesa e del mondo sono di urgente attualità. Senza vita interiore, contemplazione e custodia dei doni dello Spirito, non si va in cielo e neppure da nessuna parte in terra. Altrettanto si deve dire che senza qualcuno che si immerge nel concreto della storia, fino a sporcarsi le mani, come si dice, e fino a rimetterci la vita, non si produce un progresso etico e sociale. Un caro saluto. Don Elio

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