Una data importante, da festeggiare ogni anno, l’11 ottobre. In questa data l’anno scorso è scattato l’Anno della fede voluto da Benedetto XVI per ricordare il 50° anniversario dell’inizio del Concilio. Le date del Concilio sono molte: quella dell’annuncio, le fasi della preparazione, le varie sessioni, le date della firma e pubblicazione dei singoli documenti. Insomma, una serie di date e di dati.
Il Concilio ecumenico Vaticano II, sia come evento sia come insieme di dottrine sui più rilevanti argomenti della fede cattolica, rappresenta una complessa materia di studio, meditazione, discussione, ricerca. Ma la data di inizio è una sola, e passerà alla storia insieme a quel bellissimo discorso di Giovanni XXIII che squilla come un peana di vittoria nel facile latino: Gaudet Mater Ecclesia, “la Madre Chiesa oggi gode” perché dà inizio a un avvenimento dello Spirito che rinnoverà la Chiesa e il mondo. Questo è il senso dell’11 ottobre, che nel vecchio calendario liturgico, quello seguito da Papa Giovanni, segnava la memoria della Maternità di Maria.
Oggi, pur non essendo ufficialmente chiuso l’Anno della fede, sembra opportuno comunque ricordare e mettere in calendario questa data che ci consente di non dimenticare l’evento – dichiarato da molti come l’evento più importante del secolo scorso – di cui dobbiamo essere fieri come cattolici e grati davanti a Dio. Un’occasione che abbiamo presente alla nostra attenzione ogni giorno è data da Papa Francesco, che si può definire un Papa conciliare a tutto tondo.
La Chiesa delineata da Bergoglio è certamente prima di tutto frutto della sua spiritualità, della sua formazione di gesuita, della sua esperienza di Pastore in Argentina, con lo sguardo all’America Latina e alle dimensioni mondiali della povertà e dell’ingiustizia; ma le risposte e le linee che propone per rispondere alle esigenze del mondo moderno sono proprio quelle che il Concilio ha prodotto sotto l’impulso e la luce dello Spirito santo.
Nell’ampio panorama delineato al Concilio, Papa Francesco naviga tranquillamente senza neppure bisogno di citazioni, che non fa se non raramente, non sentendo la necessità di puntelli che sostengano il suo pensiero, anche quando questo sembra sganciato da ogni riferimento dottrinale e solo frutto di intuizione e buon senso. Il Concilio gli ha come aperto uno spazio di libertà che gli consente di essere autenticamente se stesso, nella continuità della sua esperienza esistenziale.
Nella catechesi del mercoledì di questa settimana, ad esempio, ha spiegato il significato della nota della “cattolicità” riferita alla Chiesa secondo il Simbolo della fede e ha definito la Chiesa “cattolica” non solo in quanto universale, diffusa e da diffondersi ovunque nel mondo, ma anche in quanto composta da tante varietà di membri, ognuno diverso dall’altro, e tutti insieme riuniti in una bellissima armonia. Come accade in un’orchestra, diretta dallo Spirito santo che ne garantisce l’unità e l’armonia, la Chiesa si compone di tutti i suoi membri, ognuno dei quali suona il proprio specifico strumento. Se tutti suonassero uno strumento solo, non ci sarebbe l’armonia e la sinfonia. E conclude: “L’uniformità distrugge la Chiesa”.
In questa affermazione Papa Francesco con efficacia e semplicità fa una sintesi dei documenti conciliari che trattano la Chiesa, l’ecumenismo, il dialogo e l’apertura al colloquio con il mondo e la cultura attuale. Ricordare il Concilio nel giorno anniversario del suo inizio quindi è anche un modo per attuarlo nella linea della sua semplificazione che Papa Francesco propone.