È stata inaugurata nel pomeriggio del 25 settembre la nuova chiesa dell’Ospedale regionale di Perugia, alla presenza dei rappresentanti delle istituzioni civili, accademiche e religiose della città. Nel discorso di saluto l’arcivescovo mons. Giuseppe Chiaretti, che ha successivamente presieduto il rito della consacrazione dell’altare e la celebrazione dell’eucaristia, ha voluto ricordare la storia ultrasecolare della dedicazione del nome del nosocomio perugino alla Mater Misericordiae. Dall’11 marzo 1305, quando il vescovo della città, Bulgaro da Montemelino, approvò il progetto di una fraternità di chierici e laici per costruire un ospedale (che fu realizzato nel cuore della città, nell’attuale piazza Matteotti, dove sorgeva la chiesa di Santa Maria della Misericordia), al suo trasferimento ai primi del ‘900 nella zona di Monteluce, al nuovo trasferimento a Sant’Andrea delle Fratte, l’ospedale ha conservato il suo nome, ‘con fedeltà alla storia e alle più nobili tradizioni perugine di solidarietà, ulteriormente consacrate dalla volontà popolare’. Il Vescovo ha quindi ringraziato ‘tutti coloro che hanno reso possibile la creazione di questo monumento alla solidarietà con gli ammalati’: Regione, Comune, l’Ospedale stesso, l’Università, i progettisti, l’impresa edile e le maestranze; ed anche le associazioni che in vario modo si dedicano all’assistenza dei malati. In particolare Chiaretti ha ricordato ‘le persone che hanno consentito con il loro ingegno (mons. Nello Palloni, allievo del Dottori) e il loro contributo economico (la Fondazione Cassa di risparmio di Perugia e per essa il suo presidente Carlo Colaiacovo), e consentiranno con il loro servizio morale e religioso (i cappellani e i volontari), la bellezza e la funzionalità della cappella che oggi inauguriamo’. La chiesa realizzata nel cuore del nuovo complesso ospedaliero è rivestita da un grande mosaico di 25 mq in cui domina l’immagine della titolare, la Mater Misericordiae, ‘di speranza fontana vivace, come indica la variegata serenità del paesaggio pur con le spine rosse del dolore’, ha notato l’Arcivescovo. ‘La sosta, pur breve, in quella cappella dica a tutti la verità del loro destino ‘ ha concluso ‘, ma anche il coraggio della loro fede e la tenerezza d’ogni gesto di aiuto e di amore ai malati, che per i credenti si fanno spazio d’una presenza misteriosa ma reale, quella di Dio, da scoprire in ogni sofferente’.