di Daris Giancarlini
Cosa resta dell’umanità e della coesione sociale che caratterizzavano storicamente la nostra Italia, dove le nostre nonne e mamme ripetevano spesso che “i figli sono di tutti”? Me lo sono chiesto la sera di domenica 17 febbraio, mentre Fabio Fazio a Che tempo che fa intervistava i genitori di Giulio Regeni, torturato e assassinato in Egitto tre anni fa circa in circostanze ancora da chiarire.
Me lo sono chiesto quando a fine intervista Claudio Regeni, il padre del giovane, si è alzato in piedi e, guardando dritto la telecamera, si è rivolto al procuratore generale del Cairo. Per chiedere, come gli era stato promesso da quell’alto magistrato egiziano, verità e giustizia piena per il suo ragazzo.
Poi Claudio ha fatto – “da padre a padre” – un’altra, specifica richiesta: “Vorremmo avere indietro i vestiti di Giulio”. Tre anni, e non hanno ancora avuto indietro i vestiti del loro figlio: com’è possibile, se politici di partiti diversi, in questo frattempo, si sono affannati a ribadire che avrebbero fatto di tutto per andare fino in fondo a questa torbida vicenda?
Ragioni politiche ed economiche, probabilmente, lo impediscono: ma come fanno, questi esponenti del potere di ogni colore, a non sentire sulla propria pelle, essendo loro stessi genitori, la ferita bruciante di una vicenda che non riguarda ‘soltanto’ quel giovane ma tutti i nostri giovani e la loro possibilità di andare in giro per il mondo a costruirsi un futuro? Se non basta la politica, almeno subentri l’umanità. E il rispetto di chi è stato ‘condannato’ al dolore perpetuo, come Claudio e Paola Regeni.